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California, caffè può causare cancro: disposta etichetta informativa

Una disposizione che sembra destinata a fare storia. Al termine di un lungo procedimento giudiziario durato ben 8 anni, un giudice della California ha sentenziato che le varie aziende produttive di caffè dovranno introdurre delle etichette informative (simili a quelle che si trovano sui pacchetti di sigarette) per mettere in guardia i consumatori sul rischio cancro legato al ricorso alla celebre bevanda.

Dunque, seguendo le decisione del tribunale californiano, prossimamente i vari produttori che contano più di dieci dipendenti dovranno esporre degli avvisi oppure aggiungere delle etichette su confezioni contenenti caffè. Come riporta il “Washington Post” (una delle prime testate a diffondere la notizia) al momento la disposizione non è ancora definitiva e dev’essere confermata, ma stando alle indiscrezioni provenienti dagli Stati Uniti, sembra piuttosto difficile che la sentenza possa essere completamente rivista e ribaltata in seconda istanza. La causa giudiziaria era stata intentata diversi anni fa da un’associazione no-profit, secondo cui alcuni grandi marchi di bar come Starbucks avrebbero dovuto allinearsi alla legge californiana, la quale prevede che tutte le aziende con più di dieci dipendenti avvisino la clientela sulla presenza, in determinati prodotti, di sostanze chimiche potenzialmente dannose per la salute. Per quanto riguarda il caffè, è finito sul banco degli imputati l’acrilammide, un composto considerato tossico, al quale si ricorre durante le varie fasi di preparazione della bevanda, e che sarebbe presente anche nel prodotto finale, seppure in quantità decisamente ridotte.

Il giudice della California ha basato la sua decisione sull’incapacità, da parte delle varie ditte, di dimostrare che il caffè non sia affatto dannoso per la salute dei consumatori. In realtà, c’è da sottolineare che, ad oggi, una serie di ricerche scientifiche non hanno riscontrato alcun livello di pericolosità rispetto all’acrilammide ingerito in dosi limitate, anche se si tratta di risultati ancora provvisori e non del tutto conclusivi. Allo stesso tempo, nel 2016 l’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva affermato che, in seguito all’analisi di dati e rilevamenti scientifici, non ci fosse alcuna prova concreta per definire il caffè “cancerogeno” per gli esseri umani, escludendolo di fatto dal novero dei prodotti pericolosi. Nonostante ciò, qualora la presa di posizione del tribunale californiano dovesse essere confermata, i produttori saranno obbligati ad allinearsi, introducendo etichette e cartelli che mettano in guardia i clienti sul presunto rischio cancro legato al consumo della scura bevanda.

Intanto, dal Brasile giungono gli esiti di uno studio scientifico che sembrano riabilitare il caffè rispetto a quanto sta accadendo in California. Dall’Università di San Paolo, infatti, è stato comunicato che l’assunzione di 3 tazzine al giorno della bevanda consentirebbe di prevenire le malattie cardiovascolari. Infatti, per gli scienziati sudamericani, il caffè svolgerebbe una funzione da “spazzino” delle arterie, andando a ripulirle, riducendo così i rischi di “calcificazione coronarica” e, dunque, di scongiurare il pericolo infarto. Insomma, la controversia sugli effetti benefici del consumo di caffè sembra ancora aperta, e se in California presto potrebbero comparire degli avvisi sul rischio cancro legato ad un costante ricorso a questo prodotto, dal Brasile invece si invita a berne 3 tazzine al giorno per avere un aiuto concreto in più nella lotta alle malattie cardiovascolari.

Patrizia Gallina