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L’importanza del linguaggio e i rischi del “politichese”

Il linguaggio è un’arte, una freccia al nostro arco che spesso sottovalutiamo. Eppure dovremmo sapere che le parole, se usate a dovere, possono fare la differenza nella vita di tutti i giorni, così come nei colloqui di lavoro o nei meeting.

Patrick Facciolo – l’importanza del linguaggio e i rischi del “politichese”

Oggi con Patrick Facciolo, dottore in tecniche psicologiche e giornalista, cerchiamo di comprenderne meglio l’importanza e i limiti.

Patrick si occupa di divulgazione, formazione e coaching sui temi del Public Speaking, l’arte di parlare in pubblico.

Autore di sei libri, ideatore del sito web Parlarealmicrofono.it e del podcast “Public Speaking Professionale”, dichiara: “Nella nostra società riuscire a comunicare è molto importante: il linguaggio fa da intermediario tra ciò che proviamo e ciò che effettivamente riusciamo a esprimere e fare arrivare all’altro”.

Che cosa può condizionare l’efficacia della nostra comunicazione?

L’efficacia della comunicazione non dipende solo da noi e da come comunichiamo, ma anche dalla predisposizione del pubblico, che è composto da persone che vivono situazioni diverse tra loro.

Un esempio concreto: nel pubblico di una conferenza ci potrebbero essere persone che sono arrivate in ritardo, altre nervose per il traffico o per il costo del parcheggio (che magari credevano gratuito), altre più rilassate e bendisposte.

E questo, paradossalmente, può condizionare l’esito della nostra comunicazione. Un aspetto importante da tenere in considerazione è questo (lo racconto spesso nei miei podcast): non esiste un discorso di successo senza un pubblico che ce lo permetta.

Nei manuali troviamo talvolta indicate modalità di comunicazione descritte come infallibili, tuttavia credo che le modalità infallibili di comunicare non esistano.

Per comunicare in modo efficace, è davvero basilare capire il contesto. Per capire una situazione, dobbiamo prima saper rispondere alle cinque fatidiche domande del giornalismo: chi, cosa, quando, dove e perché.  Ad esempio, se devo tenere un corso di domenica mattina (che solitamente è un giorno di riposo) dovrò tenerne conto, comprendendo che sono necessari dei momenti di pausa in più per i corsisti. È solo uno dei tanti esempi possibili.

Esistono linguaggi diversi e prestabiliti per ogni genere di comunicazione?

Non credo molto in questo tipo di distinzione, che talvolta può diventare un alibi per non sforzarsi di parlare a tutti.

Ogni volta che ci arrendiamo al fatto che ci sia un “target”, un destinatario specifico della nostra comunicazione, perdiamo un’occasione per parlare con tutto il pubblico potenzialmente all’ascolto.

Credo che anche quando ci troviamo con persone che usano e comprendono parole e concetti difficili, semplificare (senza banalizzare) il nostro linguaggio possa essere comunque un modo per comunicare in maniera più efficace.

Fare uso di esempi e creare immagini con le parole è un modo di comunicare che può risultare più immediato, anche per chi sa usare vocaboli più astratti e specialistici.

“Politichese” è un termine che usiamo spesso per indicare il modo di comunicare dei politici. Da comunicatore, qual è la tua opinione a riguardo?

Ho la sensazione che talvolta il “politichese” venga utilizzato come standard, anche quando nei discorsi politici si potrebbero utilizzare parole più concrete.

Quando si fa comunicazione politica spesso vengono usati concetti astratti che sono sì molto importanti (per esempio: possibilità, fiducia, speranza, futuro), ma che se non vengono contestualizzati rischiano di comunicare meno di quanto potrebbero.

Le parole astratte sono come contenitori molto ampi che devono essere riempiti, affinché assumano un significato preciso.

Credo che alcuni politici siano consapevoli di questi aspetti, e studino nel dettaglio la loro comunicazione, altri invece riescono a comunicare efficacemente per capacità proprie, anche di improvvisazione, che hanno maturato nel tempo. Altri ancora, al contrario, non sono molto sensibili a questi temi.

Una cosa, secondo me, dovrebbe essere importante per tutti: continuare ad allenarsi, perché la  comunicazione è come un muscolo, che va esercitato.

L’importanza del linguaggio e i rischi del “politichese”

Senza dimenticarci lo studio: l’uso delle negazioni, delle metafore, delle anafore, delle figure retoriche in generale, la struttura attraverso cui si argomenta un discorso, sono aspetti che meriterebbero di essere approfonditi di più.

Insomma, credo che per i politici sia importante non sottovalutare l’importanza dei corsi di comunicazione.  Anche il media training (la formazione per affrontare interviste e occasioni di dibattito sui media) è molto importante, poiché si affrontano i temi dell’approccio con la telecamera e il microfono.

Patrick Facciolo – Crea immagini con le parole (copertina)

Nei dibattiti politici di Trump e Biden, quanto è contata la comunicazione verbale e non verbale?

Cominciamo dal contesto, come dicevamo prima: i dibattiti politici non partono mai da uno zero a zero.  Perché Trump era un presidente uscente, e portava con sé una sua narrazione, uno story-telling preciso.  Stessa cosa per Biden, politico navigato da decenni.

Partendo da questo presupposto, possiamo dire che Joe Biden e Kamala Harris (la sua candidata vicepresidente) durante i confronti TV hanno avuto spesso la capacità di guardare in camera, di usare il “voi” rivolgendosi direttamente al pubblico, un aspetto molto importante.

Donald Trump, dall’altro lato, durante i confronti TV ha usato molto il linguaggio non verbale, è riuscito ad accompagnare alle parole gesti ampi, mentre Biden durante i confronti si è appoggiato spesso al podio, scelta che riduce la possibilità di usare le mani e le braccia per gesticolare e accompagnare le proprie parole.

Come dicevo Joe Biden e Kamala Harris, complessivamente, hanno cercato di coinvolgere il proprio pubblico, citandolo.

Questo mi ha indotto a dare un voto più alto alla loro comunicazione politica, all’interno dei miei video di commento che pubblico spesso su YouTube.

È possibile analizzare un dibattito politico in modo “neutro”?

In un dibattito politico dobbiamo riuscire a distinguere ciò che osserviamo, i fatti, e l’interpretazione che ne diamo, così come i nostri giudizi e le nostre aspettative. Non è un compito facile.

In un confronto politico tenderemo a dare spesso valutazioni usando un nostro filtro interpretativo sulla realtà.

Spesso dico che in un dibattito televisivo la vittoria è negli occhi di chi guarda, cioè che ogni spettatore teoricamente potrebbe riconoscere come più efficace il politico di cui ha più stima. In questo, è davvero importante saper distinguere ciò che osserviamo da ciò che interpretiamo.

Un conto è dire, per esempio, che Biden a un certo punto del dibattito ha guardato l’orologio, un altro conto è dire che Biden ha guardato l’orologio perché non vedeva l’ora di andarsene via.

Non lo sappiamo: non è detto quell’interpretazione sia corretta, non è detto sia sbagliata.

Sarebbe importante cercare di riconoscere questo nostro filtro, riconoscere il momento in cui osservando un dibattito politico andiamo oltre quel che c’è, per aggiungerci una nostra valutazione personale.

In parte è inevitabile che accada, in parte possiamo coltivare, nel tempo, una maggiore consapevolezza che ci permetta di distinguere tra un fatto, e la nostra interpretazione di quello stesso fatto.