Il vaccino contro Omicron prodotto da Pfizer sarà pronta entro marzo, come annunciato dall’Amministratore Delegato del colosso farmaceutico, Albert Bourla.
“La speranza è riuscire a ottenere un prodotto che avrà una protezione migliore in particolare contro l’infezione, perché la protezione contro i ricoveri e la malattia grave è ragionevole in questo momento, con i vaccini attualmente a disposizione, finché si ha la terza dose“, ha aggiunto Bourla.
L’azienda ha chiesto all’ente europeo del farmaco, l’Ema, di autorizzare l’antivirale orale Paxlovid.
Pzifer: nuovi studi
Uno studio pubblicato da Nature Communications prodotto dall’Imperial College di Londra evidenzia come i linfociti T sono in grado di riconoscere il Sars-CoV-2 e proteggere dall’infezione.
I ricercatori, però, ci tengono a precisare alcune cose per evitare malintesi.
“Sebbene questa sia una scoperta importante, sottolineo che nessuno dovrebbe fare affidamento solo su questa protezione“, dice la ricercatrice Rhia Kundu.
“Il modo migliore per proteggersi dal Covid-19 è essere completamente vaccinati, compresa la dose di richiamo“, conclude.
Analizzando i campioni di 52 persone esposte al virus è emerso che nei 26 che non avevano contratto l’infezione erano presenti livelli più alti di linfociti T capaci di riconoscere il virus.
I test effettuati con Pfizer
Durante lo studio pubblicato su Nature, gli scienziati hanno notato alcune osservazioni interessanti.
Il sangue di pazienti precedentemente infettati da Covid-19 e quello di individui che avevano ricevuto due dosi del vaccino Pfizer o AstraZeneca, neutralizzavano poco la variante Omicron.
Mentre i sieri degli individui con una dose di richiamo di Pfizer, analizzati un mese dopo la vaccinazione, sono rimasti efficaci contro Omicron.
Tuttavia, per neutralizzare Omicron servono da 5 a 31 volte in più di anticorpi, rispetto a Delta, nei test di coltura cellulare.
Le parole degli scienziati su Deltacron
Il fisico Roberto Battiston in una recente intervista ha dichiarato: “Assistiamo a una sorta di rimozione collettiva sulla variante Delta, ma non c’è nessuna prova che sia scomparsa.
Anzi, probabilmente è la principale responsabile dei decessi e dei ricoveri in terapia intensiva. Siamo convinti di affrontare un solo nemico, il Covid-19, mentre siamo di fronte a due varianti molto diverse, che adottano strategie e hanno conseguenze completamente diverse. Per poter affrontare efficacemente questa fase è fondamentale avere chiara questa distinzione. E magari adoperarsi per distinguere chi si ammala di una variante piuttosto che dell’altra”.
“Siamo molto indietro – avverte Battiston – abbiamo dati insufficienti e con grande ritardo rispetto allo sviluppo della pandemia. Quindi ci muoviamo quasi alla cieca, sparando con le stesse armi a bersagli molto diversi tra loro”.