Ma come si definisce un buco nero? “E’ un oggetto la cui forza di gravità è talmente intensa che nulla può sfuggirgli, nemmeno la luce”. Così affermava John Wheeler, il fisico statunitense che coniò il termine. Per denominazione il buco nero è invisibile. Non solo non emette luce, ma si può intuirne la presenza soltanto osservando gli effetti sulla materia ingurgitata dal suo potente campo gravitazionale. E’ proprio da questo presupposto che ha preso avvio la ricerca dell’Inaf. “Sappiamo che al centro della Via Lattea -afferma Fabrizio Nicastro, a capo del gruppo di ricerca dell’Inaf,- esiste un buco nero supermassiccio che al momento non è attivo, ossia non ingurgita materia, ma lo è stato certamente 6 milioni di anni fa”.
Come spiegare l’esistenza di qualcosa che è di per sé invisibile e i cui effetti non sono registrabili? Si tratta di una materia che, secondo i calcoli, dovrebbe esistere nell’Universo, ma di cui non si trova traccia. Lo studio delle deboli tracce rilasciate da questa “materia mancante” (ben lontana dalla definizione di materia oscura) ha condotto alla scoperta di una bolla spaziale al centro della nostra galassia. Secondo la ricerca, pubblicata su Astrophysical Journal, sarebbe proprio l’esplosione del buco nero ad aver originato la bolla. Le masse inghiottite avrebbero sprigionato una tale quantità di energia da generare un’ onda potentissima. Spazzate via le masse circostanti, l’onda avrebbe poi continuato il suo viaggio verso l’esterno della galassia, giungendo fino a noi. Scoperta importante? Sicuramente un microscopico ma ulteriore passo incontro ai misteri dell’Universo.