L’asteroide prescelto per l’atterraggio della sonda si chiama Bennu 101955 e ha un diametro di poco più di 560 metri. L’importanza di questo agglomerato carbonico risiede nell’essersi formato 4 miliardi di anni fa: un fratello della Terra e dei pianeti vicini. La sua particolarità è che, al contrario delle altre masse rotanti intorno al Sole, si è mantenuto allo stato costitutivo iniziale. “Bennu è un asteroide primitivo – spiega Brucato – rimasto praticamente inalterato dalla formazione del Sistema Solare e che, quindi, ha mantenuto il materiale organico originale che ha dato avvio alla nascita della vita sul nostro pianeta“. La Terra e gli altri corpi celesti del Sistema, al contrario, hanno attraversato processi geologici che hanno rimescolato gli elementi chimici, cancellando le orme del passato.
Ma come si comporterà Osiris-Rex una volta raggiunta la meta del progetto? Gli scienziati precisano che la sonda non atterrerà su Bennu, ma allungherà il suo braccio meccanico per strapparne un frammento. In quei 60 grammi di materia, che presumibilmente arriveranno a terra nel 2025, ci sarà la risposta a diversi interrogativi del genere umano. La scoperta delle origini non è infatti l’unico traguardo della missione NASA. La composizione del “fossile” cosmico risponderà alle domande sui possibili sfruttamenti degli asteroidi in altri campi scientifici. I corpi rocciosi potranno essere futura fonte di metalli preziosi? O saranno manipolati come basi di rifornimento per viaggi verso altri pianeti? Per saperlo, attendiamo il ritorno di Osiris-Rex .