Secondo la ricostruzione del dramma avvenuta il 14 settembre 2015, Porczynski era stato visto nel quartiere della vittima poco prima di aggredirla. “Bussava ad ogni casa, chiedendo se c’erano bambini” hanno dichiarato i testimoni. Arrivato all’abitazione dei Cross, ha fatto irruzione entrando dalla cucina, ha afferrato un coltello e ha cercato i figli della coppia, imbattendosi invece nella loro madre. “L’ho sentita supplicare di lasciare andare i bambini – ha raccontato il marito della vittima – C’erano urla, poi il silenzio”. All’arrivo della polizia, l’uomo stava cercando di fuggire con i piccoli dopo aver inferto 10 coltellate mortali alla donna.
Dopo aver ucciso Nicola, Porczynski si è recato in una delle camere, dove ha posato il coltello. Qui ha trovato i due figli e ha cercato, senza ferirli fisicamente, di costringerli a seguirlo. I vicini, allarmati dalle urla della donna e successivamente dei bambini, ha avvisato la polizia, che è intervenuta immediatamente fermando l’uomo prima che si potesse allontanare. “Credevo che quei bambini fossero in pericolo – si è giustificato Porczynski – e che avessero bisogno del sacrificio della loro madre”. L’uomo, affetto da schizofrenia paranoide, ha ammesso di aver cercato di rapirli perché guidato dalle voci nella sua testa. L’esame tossicologico ha rivelato inoltre tracce di cocaina e cannabis nel suo organismo, ma la corte ha escluso che questo fatto abbia in qualche modo influito sulle sue azioni.