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Coronavirus: preoccupa la variante indiana. Duemila morti in 24 ore

Tra febbraio e marzo in India è iniziata una nuova grande ondata di contagi da Coronavirus che ha raggiunto livelli estremamente preoccupanti.
Nell’ultima settimana si sono registrati più di 200mila nuovi casi giornalieri, e mercoledì 21 aprile si sono superati i 300mila contagi.
È la seconda ondata che colpisce il paese, dopo quella che si era verificata tra giugno e settembre del 2020.
La nuova ondata è arrivata proprio quando a febbraio l’India aveva raggiunto un sensibile calo dei contagi, facendo parlare anche di immunità di gregge.
Quello che è successo si può spiegare innanzitutto con un insieme di decisioni politiche tardive e poco efficaci, basate su una grossa sottovalutazione del rischio.
All’attuale situazione di emergenza ha contribuito anche la cosiddetta “variante indiana” (B.1.617), che sembra avere reso il coronavirus più contagioso, ma su cui ci sono ancora studi in corso.

Coronavirus: la variante indiana

La maggior parte delle nuove infezioni riguarda lo Stato del Maharashtra dove è stata individuata la cosiddetta variante indiana, identificata come B.1.617, che presenta due mutazioni (E484Q e L425R).
Scoperta per la prima volta a ottobre, la B.1.617 è studiata anche nel Regno Unito, dove risulta presenta in circa l’uno per cento dei campioni sequenziati.

Ancora non è chiaro se sia più pericolosa per contagiosità, letalità e resistenza ai vaccini. Queste varianti sono più resistenti agli anticorpi neutralizzanti derivanti dalle infezioni naturali o dalle vaccinazioni.
Per il momento, però, non c’è nulla che certifichi formalmente che la mutazione E484Q abbia lo stesso effetto.
Il 16 gennaio è iniziata la campagna di vaccinazione e finora si sono svolte oltre 132 milioni di somministrazioni.

La situazione attuale in India

La nuova ondata sta creando gravi problemi a tutto il sistema sanitario indiano.
In alcune città sono terminati i posti in terapia intensiva e ha iniziato a scarseggiare l’ossigeno a disposizione dei pazienti.
Il Governo centrale sta ricorrendo a misure intermedie, come divieti di assembramenti e coprifuochi.

Una delle zone in cui i contagi sono più elevati è quella di Delhi, il territorio che comprende la capitale indiana Nuova Delhi, in cui abitano più di 16 milioni di persone.
Martedì il Primo Ministro di Delhi, Arvind Kejriwal, ha parlato della disperata situazione degli ospedali del territorio, dicendo che le scorte di ossigeno basteranno ancora solo per poche ore, chiedendo aiuto al governo centrale.
Per venire incontro alla crescente domanda di ricoveri, le autorità dei vari stati hanno creato ospedali di emergenza per il coronavirus in sale per banchetti, stazioni ferroviarie e hotel.

La seconda ondata ha avuto ripercussioni anche sul piano vaccinale dell’India.
Da fine marzo il governo ha sospeso le esportazioni di vaccini per privilegiare la vaccinazione della popolazione indiana.
Al momento solo l’8 per cento della popolazione ha ricevuto almeno la prima dose di vaccino e solo l’1,3 per cento anche la seconda dose.

Le critiche al Governo

Secondo molti la colpa sarebbe da imputare in primo luogo al Governo indiano, che si sarebbe dimostrato totalmente impreparato all’arrivo di una seconda ondata.
In particolare, il Primo Ministro Narendra Modi è stato accusato di aver voluto sminuire la gravità dei contagi per consolidare la sua popolarità.

Martedì, in un discorso alla nazione, il Primo Ministro ha voluto rassicurare la popolazione dicendo che il Governo sta facendo di tutto per contrastare la seconda ondata di contagi, che ha paragonato a una “tempesta”.
Il paese oggi sta combattendo una grande battaglia contro il COVID-19. La situazione era migliorata per un po’, ma la seconda ondata è arrivata come una tempesta. La battaglia è lunga e difficile, ma dobbiamo affrontarla insieme, con dedizione e coraggio“, ha detto Modi.