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Peste suina: boschi in “lockdown” per evitare la diffusione della malattia

La peste suina è tornata a colpire violentemente in Italia. In questi giorni sono stati ritrovati ben sette cinghiali morti a causa della malattia, nelle province di Savona, Genova e Alessandria. Il contagio si trasmette solo tra suini, ma l’uomo potrebbe diventare vettore inconsapevole attraverso oggetti e superfici. Per questo motivo il Ministro dell’agricoltura Stefano Patuanelli ha firmato un’ordinanza con la quale vieta per sei mesi “la raccolta dei funghi e dei tartufi, la pesca, il trekking, il mountain biking e le altre attività che comportino un rischio per la diffusione della malattia”. Vietata anche, fino a luglio inoltrato, anche la caccia. Il provvedimento è valido nei 114 comuni comuni liguri e piemontesi limitrofi ai luoghi del ritrovamento.

Un danno economico incalcolabile, che blinda in “zona rossa” un lungo elenco di lavoratori ed attività: guide ambientali, agriturismi, rifugi, produttori tipici, turismo equestre e sportivi. L’ordinanza, però, si è resa necessaria per la salvaguardia degli allevamenti di suini domestici che valgono 6 miliardi di euro per l’esportazione. Giappone, Cina e Kuwait hanno però bloccato l’importazione di salumi dall’Italia. Il mondo commerciale che ruota intorno alla montagna, però, non è disposto a fare da “vittima sacrificale” e lancia un immediato grido d’aiuto. “La chiusura prolungata di interi territori montani al turismo outdoor – spiega Roberto Costa, coordinatore di Federparchi Liguria – colpisce un entroterra ligure già pesantemente provato da due anni di pandemia. Chiediamo che, come accaduto per bar, ristoranti, palestre e discoteche durante le chiusure causate dal Covid 19, vengano previsti adeguati ristori per tutte le attività direttamente o indirettamente danneggiate. Evitiamo ulteriori danni ad una vasta utenza turistica e all’economia di territori già pesantemente svantaggiati”. 

Al coro che chiede a Patuanelli e Speranza di ripensare ai provvedimenti in atto si unisce anche Vincenzo Torti – presidente del Club Alpino Italiano -: “Il futuro della montagna si sta giocando in questi anni su molte forme alternative di frequentazione rispetto a quella classica che gira intorno agli impianti sciistici. In questa stagione, racchette da neve, sci di fondo e scialpinismo stanno finalmente dando nutrimento ad un’economia più sostenibile, in grado di alimentare e lasciar sopravvivere le comunità montane. Il nostro auspicio è che si riescano a circoscrivere di più gli ambiti di divieto, individuando i focolai e lasciando aperte le fasce di frequentazione dove i cinghiali non arrivano”.

Dopo due anni di pandemia, anche la natura è in lockdown.

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