Reem Hassan era siriana. Aveva conseguito una laurea in Letteratura, era una pittrice promettente, una splendida giovane che ha sacrificato sogni, carriera e femminilità nel sacro nome della Patria. La sua morte, avvenuta lo scorso agosto, è pressoché passata inosservata: nessun post per tributarne in sacrificio, nessuna bandiera siriana come sfondo della propria immagine del profilo, nessun dibattito politico o avatar stilizzato. Eppure, Reem Hassan non è diversa da tutte le ragazze andate a scatenarsi a suon di musica al Bataclan, né da quelle sedute al tavolo di un ristorante prima di essere freddate, senza alcuna pietà. Né, incredibile ma vero, dalle ragazze che hanno scelto di imbracciare un fucile nel nome dell’Isis, piuttosto che abbracciare la vita.