8 novembre 1934, Nobel per la Letteratura a Luigi Pirandello

Luigi Pirandello

“Per il suo audace e ingegnoso rilancio dell’arte drammatica e scenica”. L’8 novembre di ottantadue anni fa l’Accademia di Svezia conferisce con queste parole il premio Nobel per la letteratura allo scrittore e drammaturgo siciliano Luigi Pirandello. Subito dopo aver ricevuto il telegramma, nel pomeriggio di quell’8 novembre 1934, la casa dello scrittore fu letteralmente invasa da giornalisti e fotografi. Pirandello allora li accolse, mettendosi in posa, mentre su un foglio scriveva “Pagliacciate! Pagliacciate! Pagliacciate!“.
In realtà, quell’anno sarebbe stato il turno di un altro scrittore, Benedetto Croce. Quest’ultimo però in quanto antifascista, fu scartato per non avere problemi con il regime mussoliniano. Quando si iniziò a fare il nome di Pirandello come candidato al Nobel erano i primissimi anni ’30, e un giornalista svedese lo informò, mentre lo scrittore si trovava a Berlino, dell’intervento di Mussolini: non voleva che il premio gli fosse assegnato per non scontentare D’Annunzio.

Il 10 dicembre 1934, a Stoccolma, durante la cerimonia di premiazione, Pirandello ricevette il premio Nobel da Gustavo V. Durante il discorso al banchetto dei reali, dopo la consegna del premio, lo scrittore disse di aver frequentato “la scuola della vita, per riuscire nelle mie fatiche letterarie”. Inizialmente si descrisse come un bambino, con una mente attenta, brillante, capace di grande pazienza. Poi parlò della fede, quella fede nei confronti del sapere e della fiducia in ciò che ha imparato.

“L’attenzione costante e la sincerità assoluta con cui ho imparato e mediato questa lezione hanno palesato un’umiltà, un amore e un rispetto della vita indispensabili per assorbire delusioni amare, esperienze dolorose, ferite terribili…”. Con queste parole si augurava che il premio gli fosse stato conferito “per la sincerità umana del mio lavoro”. Pirandello morì esattamente due anni dopo aver ricevuto il premio in Svezia, il 10 dicembre 1936.
Il suo testamento riporta “E il mio corpo, appena arso, sia lasciato disperdere, perché niente, neppure la cenere, vorrei avanzasse di me”.