Una situazione di “potenziale illegalità” per l’Università di Pavia. E’ questo ciò che è emerso da una sentenza del Consiglio di Stato per quanto concerne l’importo delle tasse universitarie. Nella data del 6 maggio, infatti, sono stati accolti i ricorsi intrapresi dal Coordinamento per il diritto allo studio-Udu Pavia e dall’Adp-Associazione Dottorandi Pavesi contro l’ateneo pavese per il mancato rispetto della normativa sulla tassazione universitaria per il triennio 2010-2012. Jacopo Dionisio, coordinatore nazionale dell’Unione degli universitari, chiarisce che è venuto meno il “vincolo del rapporto massimo del 20% tra il gettito della tassazione studentesca e quanto ricevuto dallo stato come Fondo di Finanziamento Ordinario”.
Si parla di una situazione venutasi a creare nel 2010, quando gli studenti dell’università si erano accorti del superamento del 20% stabilito dalla normativa, motivo per cui era stato persentato ricorso. Di fronte al rifiuto dell’ateneo di restituire un milione e 700mila euro di tasse non dovute, gli studenti dell’Udu hanno fatto richieste di risarcimento anche per gli anni 2011 e 2012 per far fronte al decreto di Monti sulla spending review, che stabiliva l’esclusione dei fuoricorso dal conteggio delle tasse. Tuttavia la sentenza del Consiglio di Stato ha esplicitato proprio qualche giorno fa che le modifiche alla tassazione universitaria proposte da Monti non possono essere applicate in quanto non sarebbero comunque sufficienti a far calare l’indicatore al di sotto del 20%.
Il risultato è che l’Università di Pavia è stata condannata a risarcire gli studenti con la cifra record di 8 milioni di euro. Solo per l’anno 2012 sono stati calcolati 4 milioni, a cui se ne aggiungono altri 4 per i due anni precedenti. “La sentenza del Consiglio di Stato – ha detto Dionisio – risulta di fondamentale impatto politico”, poichè si può estendere anche a molti altri atenei italiani che, senza lo scorporo totale delle tasse pagate dagli studenti fuoricorso, non avrebbero rispettato la normativa. Pavia, quindi, sarebbe solo il primo macroscopico esempio di una tendenza diffusa molte università italiane, che potrebbero vedersi costrette a risarcire gli studenti per milioni e milioni di euro.