pensioni

Pensioni 2018: ecco cosa cambierà dopo le elezioni

In attesa delle elezioni del 4 marzo, i partiti italiani cercano di guadagnarsi il posto vincitore inserendo nelle campagne elettorali programmi di riforme sulle pensioni, modificando o addirittura eliminando notevolmente o scarsamente la Legge Fornero del 6 dicembre 2011, in vigore oggi.

L’aspirante premier del Movimento 5 Stelle, Luigi Di Maio, ha proposto un taglio delle cosiddette “pensioni d’oro” scatenando i commenti degli economisti Alberto Alesina e Francesco Giavizzi che hanno definito questo eventuale taglio (che porterebbe a cancellare del tutto le pensioni superiori ai 5.060 euro), un «intervento evidentemente incostituzionale» che coprirebbe solo per un anno la mancanza della Legge Fornero. Gli economisti continuano affermando che, adottando questa tecnica, dal 2020 sarà indispensabile tagliare anche le pensioni della fascia inferiore, ovvero quelle oltre i 2.370 euro mensili netti.

A tal proposito si espone anche Marco Leonardi, consigliere economico del governo Gentiloni: «L’accordo sulle pensioni del governo Gentiloni con CISL (confederazione italiana sindacati lavoratori) e UIL (unione italiana del lavoro), contiene tre principi innovatori di fondamentale importanza, che vanno al di là della spesa impegnata (100 milioni nel 2018 e 300 a regime)».

I principi innovatori 

Marco Leonardi elenca i principi essenziali presenti nel governo Gentiloni, da tenere in considerazione prima delle elezioni del 4 marzo.

  1. Le occupazioni gravose vengono esentate dall’adeguamento dell’età pensionabile, un principio di giustizia che c’è in pochi altri paesi.
  2. L’adeguamento dell’età pensionabile all’aspettativa di vita avverrà in maniera lineare e non coglierà i picchi delle stime dell’aspettativa di vita come è avvenuto nel 2017.
  3. Si potranno recuperare, per la prima volta in assoluto, i risparmi di spesa che vengono utilizzati per ampliare e migliorare le misure del 2018.

«Il vero miracolo lo hanno fatto gli italiani che in questi anni si sono visti improvvisamente portare in alto l’età delle loro pensioni, un’operazione necessaria per garantire un futuro ai propri figli ma dolorosa per chi ci è andato di mezzo. Da oggi almeno è più facile, nel 2018 andranno in pensione anticipata più di 80.000 persone grazie a delle opzioni che prima non c’erano: l’ape sociale e i precoci (per chi ha iniziato a lavorare prima dei 19 anni), l’ape volontaria e la RITA (la possibilità di anticipare le pensioni complementare) sono il frutto di questi ultimi due governi e di due accordi con i sindacati» ha continuato Leonardi.