Kurt Cobain, venti anni senza il “re” del Grunge

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“È meglio bruciare in fretta che spegnersi lentamente”. Fedele alla sua “filosofia” se n’ è andato così, venti anni orsono, il leggendario frontman dei Nirvana Kurt Cobain. Il corpo del biondo cantante di Aberdeen, viso angelico ed anima tormentata, fu ritrovato senza vita a Seattle il 10 aprile del 1994. La sua morte, ancora oggi avvolta nel mistero (suicidio vero o simulato? Gli investigatori propendono per la prima ipotesi, ma i fan e gli amici del cantante gridano al complotto), lo ha reso una leggenda, alimentata anche dalla sua appartenenza a quello che è tristemente noto come il “Club dei 27”, formato idealmente da tutti i grandi divi della musica deceduti tragicamente a quest’ età.

E’ prevista un’ unica celebrazione per un anniversario che sarà destinato a riaprire delle vecchie ferite, probabilmente mai del tutto cicatrizzate. Il leader dei Nirvana, infatti, non ha solo lasciato una meravigliosa eredità musicale, fatta di un sound assolutamente inedito durante periodo di massimo splendore del gruppo, e di lettere intense (raccolte nei suoi celebri “Diari”), nelle quali Kurt esternava, con parole forti ma, allo stesso tempo amorevoli, tutto il suo disagio. Nel corso degli ultimi anni, infatti, il nome di Kurt Cobain è stato associato a polemiche, discussioni, battaglie a suon di carte bollate tra la famiglia del cantante – la moglie Courtney Love e la figlia Frances Bean – e gli ex componenti della band, Dave Grohl e Krist Novoselic, legate all’ ingente lascito artistico e finanziario del musicista. L’ ultimo capitolo dell’ interminabile saga legata al “mito” di Kurt Cobain risale ad appena una settimana fa: il dipartimento di Polizia della città di Seattle ha reso pubblici alcuni scatti che ritraggono il luogo dove il corpo del cantante fu ritrovato. Il detective Mike Ciesynski, specializzato nella risoluzione dei cosiddetti “cold case”, ovvero di quei casi rimasti irrisolti per diversi anni, ha archiviato il caso Cobain come “suicidio”: una dichiarazione ufficiale che, alla vigilia del ventennale dalla morte dell’ artista, susciterà senza dubbio forti reazioni.

Torniamo, però, all’ appuntamento con le celebrazioni in onore di Kurt Cobain. Il portavoce, suo malgrado, della “generazione X” sarà ricordato a Brooklyn il prossimo 10 aprile. Un unico evento ufficiale, atto a ricordare il frontman dei Nirvana ed a riunire un’ ampia fetta di fan, di “ragazzoni” cresciuti a pane e grunge, che ben si rivedono nei brani di Cobain, i cui testi manifestano, oggi come allora, un disagio interiore, sposati ad una vocalità disperata ed, allo stesso tempo, passionale. I Nirvana, considerati i “pionieri” del genere grunge, sono da sempre una fonte d’ ispirazione per cantanti e band provenienti da ogni parte del mondo, che si approcciano persino a diversi stili musicali e che considerano Kurt Cobain come una vera e propria fonte di ispirazione. La storia della band fu anche l’ emblema di come il successo, una volta raggiunto, possa logorare chi ce l’ ha. I soldi, la fama, le donne possono condurre alla rovina, alla sregolatezza, all’ autodistruzione. Il personaggio Kurt Cobain era diverso dall’ uomo Kurt: come il suo collega Jimi Hendrix, egli era un vero gigante sul palcoscenico, ma smessi i panni della rock star, il biondo 27enne tornava ad essere un ragazzo timido ed insicuro, schiavo dell’ eroina, sottoposto a pressioni mediatiche che, probabilmente, hanno contribuito ad accelerare la fine della sua breve, ma straordinaria, vita. Ai fan del vecchio e nuovo millennio resterà per sempre la parte migliore di Kurt Cobain, il suo testamento artistico ed esistenziale: la sua musica.

“Sono peggio di quello che faccio meglio, e per questo dono mi sento benedetto. La nostra piccola tribù c’ è sempre stata, e sempre ci sarà fino alla fine”. Riposa in pace, Kurt Cobain.

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