Riforme – L’economia ha solo fermato una discesa in picchiata, il 12,5% di disoccupati, il 40 % di giovani che non lavorano, una percentuale bassa di donne che non sono impiegate, una macchina amministrativa inefficiente, costosa e sovradimensionata; un’apparato produttivo privo di grandi gruppi industriali e fatto di piccole e medie imprese, una struttura politico-istituzionale barocca, piena di privilegi e con sacche di corruzione cronica; un sud con problemi di ritardo economico e fortemente condizionato dalle organizzazioni malavitose; un debito pubblico di due trilioni di euro; la giustizia in uno stato pietoso, lenta, macchinosa e inefficiente; larga parte del territorio in dissesto idrogeologico; l’80% del trasporto merci su gomma, le città che scoppiano di automobili, inquinate e prive di adeguati spazi verdi e piste ciclabili; corporazioni, privilegi e forti diseguaglianze sociali…Il nostro paese necessita di urgenti interventi infrastrutturali e di una serie di riforme economiche e sociali indispensabili per ridare speranza ai suoi cittadini, e modernizzarne l’assetto. Il nuovo esecutivo Renzi sembra partito con il piede giusto, ma già si scontra con interessi economici forti e radicati che ne frenano le riforme. Quando si vanno a toccare i privilegi subito si alza forte la protesta delle corporazioni. Il malcontento dei cittadini è sempre più diffuso e la partecipazione all’Europa dell’euro-marco non ci ha messo al riparo da un bel niente. Modificare queste distorsioni necessita di uno sforzo immane e della collaborazione di tutte le parti sociali che ormai devono rendersi conto, che si tratta di cambiamenti ineludibili e totalmente necessari.
La nazione si trascina questo disastro dal momento della sua nascita. Creata dall’alto e non dal basso, l’Italia nasce nel 1861 monca e priva della benché minima coscienza nazionale. Le classi dirigenti e la monarchia si preoccupano immediatamente di mettere al sicuro i propri privilegi e fanno minime aperture alla società civile. Il livello d”analfabetismo imperante, fanno dell’Italia delle origini, un paese fortemente arretrato, semi feudale e privo della necessaria coesione sociale. L’assenza della benché minima coscienza critica e delle competenze culturali e storiche da parte della società civile e delle nuove classi dirigenti, non riesce ad impedire che la corruzione e la malavita organizzata s’infiltri facilmente nelle istituzioni e ne cominci a condizionare subito l’agire impedendo l’eliminazione dei privilegi e della corruzione. Si era fatta l’Italia, ma non gli italiani, come disse Cavour.
I passi da gigante compiuti dal nostro paese (soprattutto nel secondo dopoguerra) per colmare la distanza dai paesi occidentali sviluppati, ha dato vita ad una sistema economico pieno di contraddizioni che ha si arricchito le classi medie, dando vita ad un imponente sistema manifatturiero fatto di piccole e piccolissime aziende organizzate in distretti industriali, ma che non essendo stato governato e regolamentato attraverso politiche economiche adeguate, ma assecondato nel suo evolversi, non ha eliminato le storture storiche che ci stiamo trascinando, polarizzando le attività manufatturiere in parti ristrette del paese e lasciando metà del paese parassitariamente a rimorchio di queste locomotive produttive che hanno progressivamente perso la propria spinta propulsiva. Lo stato ha poi, cercato d’abbondare la propria presenza nell’economia con un vasto processo di privatizzazioni che non sono però riuscite nell’intento di rendere il sistema più efficiente. Corruzione, cattedrali nel deserto, pezzi deviati dello stato, privilegi e mafie di vario tipo sono prosperate indisturbate condizionando la vita politica e istituzionale. La stagione di mani pulite ha rappresentato un tentativo, purtroppo non riuscito di moralizzare la vita politica, istituzionale ed economica del paese, perché quando non ci sono i valori etici e morali che governano l’agire, ma la furbesca azione conservatrice e predatrice di chi controlla gli apparati, mai potranno cambiare le cose. Se non si cambia dentro non si cambierà mai fuori.
Ora, ci troviamo ad un bivio, dopo quasi un decennio di crisi devastante in cui gli italiani si sono sempre più impoveriti e le distanze sociali accentuate, si tratta di dare una svolta vera, impegnando tutti gli organismi sociali ad uno sforzo immane nell’interesse collettivo mettendo la società e le persone che la compongono davanti ad ogni interesse particolare e corporativo. Da questa situazione se ne deve uscire tutti insieme o non se ne esce, pena il persistere dei gravi problemi che ci affliggono e della prosecuzione di questa terribile sofferenza sociale, economica e morale.