Capitalismo killer: la fine della società occidentale

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Società e capitalismo – Le élite economiche mondiali agiscono sulle classi dirigenti politiche per truccare le regole del gioco economico, erodendo il funzionamento delle istituzioni democratiche e generando un mondo in cui 85 super ricchi possiedono l’equivalente di quanto detenuto da metà della popolazione mondiale. Alla vigilia del World Economic Forum di Davos, il rapporto di ricerca Working for The Few, diffuso oggi da Oxfam, evidenzia come l’estrema disuguaglianza tra ricchi e poveri implichi un progressivo indebolimento dei processi democratici a opera dei ceti più abbienti, che piegano la politica ai loro interessi a spese della stragrande maggioranza.  Dai sondaggi che Oxfam ha condotto in India, Sud Africa, Spagna, Gran Bretagna e Stati Uniti, la maggior parte degli intervistati è convinta che le leggi siano scritte e concepite per favorire i più ricchi. Il rapporto dimostra, con esempi e dati provenienti da molti paesi, che viviamo in un mondo nel quale le élite che detengono il potere economico hanno ampie opportunità di influenzare i processi politici, rinforzando così un sistema nel quale la ricchezza e il potere sono sempre più concentrati nelle mani di pochi, mentre il resto dei cittadini del mondo si spartisce le briciole”, afferma Winnie Byanyima, direttrice di Oxfam International. “Un sistema che si perpetua, perché gli individui più ricchi hanno accesso a migliori opportunità educative, sanitarie e lavorative, regole fiscali più vantaggiose, e possono influenzare le decisioni politiche in modo che questi vantaggi siano trasmessi ai loro figli”. Il rapporto di Oxfam evidenzia, ad esempio, come sin dalla fine del 1970 la tassazione per i più ricchi sia diminuita in 29 paesi sui 30 per i quali erano disponibili dati. Ovvero: in molti paesi, i ricchi non solo guadagnano di più, ma pagano anche meno tasse. Questa conquista di opportunità dei ricchi a spese delle classi povere e medie ha contribuito a creare una situazione in cui, nel mondo, 7 persone su 10 vivono in paesi dove la disuguaglianza è aumentata negli ultimi trent’anni, e dove l’1% delle famiglie del mondo possiede il 46% della ricchezza globale . Ma entriamo nel dettaglio: 1) Circa metà della ricchezza è detenuta dall’1% della popolazione mondiale. 2) Il reddito dell’1% dei più ricchi del mondo ammonta a 110.000 miliardi di dollari, 65 volte il totale della ricchezza della metà della popolazione più povera del mondo. 3) Il reddito di 85 super ricchi equivale a quello di metà della popolazione mondiale. 4) sette persone su dieci vivono in paesi dove la disuguaglianza economica è aumentata negli ultimi 30 anni. 5) L’1% dei più ricchi ha aumentato la propria quota di reddito in 24 su 26 dei paesi con dati analizzabili tra il 1980 e il 2012. 6) Negli USA, l’1% dei più ricchi ha intercettato il 95% delle risorse a disposizione dopo la crisi finanziaria del 2009, mentre il 90% della popolazione si è impoverita. Ma entrando ancora più nell’analisi del fenomeno vediamo che:

  • ovunque, gli individui più ricchi e le aziende nascondono migliaia di miliardi di dollari al fisco in una rete di paradisi fiscali in tutto il mondo. Si stima che 32.000 miliardi di dollari non siano registrati e siano offshore;
  • negli Stati Uniti, anni e anni di deregolamentazione finanziaria sono strettamente correlati all’aumento del reddito dell’1% della popolazione più ricca del mondo che ora è ai livelli più alti dalla vigilia della Grande Depressione;
  • in India, il numero di miliardari è aumentato di dieci volte negli ultimi dieci anni a seguito di un sistema fiscale altamente regressivo, di una totale assenza di mobilità sociale e politiche sociali;
  • in Europa, la politica di austerity è stata imposta alle classi povere e alle classi medie a causa dell’enorme pressione dei mercati finanziari, dove i ricchi investitori hanno invece beneficiato del salvataggio statale delle istituzioni finanziarie;
  • in Africa, le grandi multinazionali – in particolare quelle dell’industria mineraria/estrattiva – sfruttano la propria influenza per evitare l’imposizione fiscale e le royalties, riducendo in tal modo la disponibilità di risorse che i governi potrebbero utilizzare per combattere la povertà.

Di fronte a questi dati è ormai fondamentale impostare provvedimenti che incidano profondamente su questo fenomeno e agiscano per modificare i meccanismi della società capitalistico finanziaria e dell’ideologia neoliberista che ne guida i principi, perché stanno dimostrando tutta la loro inadeguatezza. Moltissimi dati dimostrano che nelle società in cui vi sono meno disparità, una più diffusa uguaglianza economica e di opportunità, si assiste ad un migliore qualità dello sviluppo con la crescita di tutti gli indicatori che misurano il livello di benessere con una minor incidenza di omicidi, criminalità, depressioni, disoccupazione, suicidi, alcoolismo, solitudine, aborti, violenza, abbandoni scolastici, danni ambientali e aspettative di vita. Vi è inoltre, una maggiore diffusione di sapere, partecipazione ad eventi culturali, senso di solidarietà, empatia tra gli individui, reti di sostegno, rispetto per la natura ed un livello di salute e di felicità della popolazione più elevato. Lasciare al libero mercato la determinazione degli assetti sociali è, pertanto, profondamente sbagliato, soprattutto va rivisto il matrimonio tra liberalismo e democrazia, essendosi rotto sostanzialmente, il patto sociale che teneva uniti i diversi interessi. Le forze politiche, economico finanziarie e sociali devono avviare una profonda revisione dell’ideologia neoliberista che muove la macchina capitalistico finanziaria e dei valori che diffonde, pena l’inasprirsi di fenomeni che potrebbero disgregare il corpo sociale peggiorando la vita di tutti noi e anche di coloro che muovono, palesemente o di nascosto, le leve dello sviluppo, dando vita ad una organizzazione sociale in cui le forze economiche siano al servizio di una idea solidale e cooperativistica di società.