Malgrado tutto gli obiettivi non sono stati raggiunti. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, scrive come introduzione al rapporto 2015 sugli OMS: “Le diseguaglianze persistono e i progressi sono stati disuguali (…) Nel 2011, nel mondo, quasi il 60% dei miliardi di persone estremamente povere vivevano solo in 5 paesi”. Non si sono ancora ottenuti progressi importanti sulla sanità materna o sull’accesso alla contraccezione nei paesi in via di sviluppo. In queste regioni il tasso di mortalità materna è 14 volte più elevato che nelle regioni sviluppate. Siamo ancora lontani dall’eliminazione della povertà nel mondo.
Per definire i nuovi obiettivi, che entreranno in vigore il 1 gennaio 2016, le nazioni hanno negoziato per tre anni. La riflessione, infatti, è iniziata in occasione del vertice “Rio + 20” nel 2012 in un “gruppo di lavoro aperto” al quale hanno partecipato 70 paesi. Un’indagine di livello mondiale che ha coinvolto più di 8 milioni di persone. New York sarà l’ultima tappa per l’adozione degli OSS, 193 paesi, infatti, si sono già accordati per completare il documento il 2 agosto. Alcuni degli obiettivi, che coprono tutte le dimensioni dello sviluppo sostenibile, sono: la lotta contro la povertà, la fame, la sanità e l’igiene, l’istruzione, l’uguaglianza tra i sessi, il lavoro e la crescita economica, le energie pulite ad un costo abbordabile, la lotta contro il cambiamento climatico, le città e comunità sostenibili, la conservazione della biodiversità marina e terrestre o ancora la pace e la giustizia.
Clima, natura, sanità, istruzione, giustizia, pace… questa sorta di “inventario alla Prévert” fanno dubitare alcune Organizzazioni non governative che giudicano troppo importante il numero di obiettivi, perché aumenterebbe il rischio di diluzione delle priorità e soprattutto costano caro. La questione dei mezzi finanziari per portare a termine gli OSS è diventata essa stessa un obiettivo, il diciassettesimo: “Partenariato per realizzare gli obiettivi”.