Declino cognitivo: negli anziani l’attività fisica è la chiave

attività fisica

I benefici sul corpo e sulla mente dovuti all’attività fisica sono da sempre il principale argomento di chi promuove uno stile di vita quanto più salutare possibile, ma l’ultimo suo vantaggio potrebbe smentire il pensiero sempre più diffuso che riguarda l’associazione dell’anzianità con la staticità. Infatti, pare che i processi fisiologici conseguenti ad un esercizio fisico costante nel tempo già noti possano avere un impatto positivo anche sulle funzionalità del cervello. Per quanto riguarda il decadimento tipico del percorso di sviluppo del cervello umano, le neuroscienze hanno sempre propagandato l’allenamento cognitivo come primo strumento di prevenzione. Soprattutto nel caso delle demenze, che ormai sono la più diffusa conseguenza del passare degli anni dopo la sessantina, l’esercizio mentale sembrava quasi l’unica via di ritardare quanto più possibile tale processo.

Tuttavia, una ricerca pubblicata nel 2006 col titolo “The LIFE Study investigators” ha segnato una svolta nell’approccio al decadimento cognitivo da parte degli scienziati. Per citare la fonte ufficiale, lo studio si è basato su un assunto principale, ovvero i risultati di una batteria di test neuropsicologici volta a misurare deficit della motilità e disabilità nelle attività della vita quotidiana: la Short Physical Performance Battery (SPPB). Fino ad allora si pensava che l’esito dei test fosse da considerare immutabile, in quanto nessun parametro sembrava poter cambiare il quadro della situazione in un soggetto tipo. Così, ci si è chiesti se l’attività fisica potesse in qualche modo influire, prendendo come campione 424 soggetti dallo stile di vita sedentario ed a rischio d’invalidità, d’età compresa tra 70 e 89 anni. Per circa 12 anni questi anziani sono stati seguiti in un programma di vera e propria educazione all’attività fisica ed alla salute, tempo dopo in quale i soggetti sono stati sottoposti nuovamente alla SPPB ed hanno fornito dati straordinari. Non solo la performance era migliore in termini di agilità e resistenza fisica, ma le funzioni cognitive in generale sono risultate preservate dal decadimento cognitivo, rispetto agli anziani sedentari.

I risultati sono da interpretare in questo modo: attività cardio come la camminata hanno un impatto significativo sull’incremento del flusso sanguigno al cervello, ciò significa che le connessione neuronali sono efficienti quanto mai, aumentando lo scambio di neurotrasmettitori ed il numero di sinapsi. Allo stesso stile di vita è stato associato un aumento della neurogenesi, osservata finora a soggetti in età di sviluppo ed avente luogo principalmente nell’ippocampo, che è anche la sede centrale della memoria (la prima funzione cognitiva che risente del decadimento cognitivo) e dell’apprendimento. In generale, l’attività cerebrale in un corpo regolarmente allenato diventa più efficiente, non solo ritardando significativamente il declino cognitivo, ma superando abbondantemente il livello che lo stesso anziano possiedeva da sedentario. In ultimo, è importante notare che la quantità e l’intensità di esercizio a cui sono stati sottoposti i soggetti dello studio erano modulati in base alle condizioni fisiche iniziali ed all’età dei volontari, dunque la chiave non è mettere sotto sforzo l’organismo, ma creare una ciclicità stabile entro cui promuovere il miglioramento di tutte le funzionalità fisiche e cognitive.