Modificare l’attività cerebrale per curare l’ipertensione: i risultati

ipertensione

Una nuova tecnica consente di influenzare la pressione sanguigna alterando l’attività neurale, con esiti già positivi su pazienti ipertesi. Lo strumento creato dai neuroscienziati della Wake Forest School of Medicine prende il nome di HIRREM ed è stato già testato in due sessioni indipendenti, entrambe concluse con successo anche su soggetti affetti da emicranie. Grazie a dei sensori posti sul cuoio capelluto, viene rilevata l’attività elettrica di ciascun emisfero, tradotta in un segnale acustico rinviato al soggetto stesso e che causa l’appianamento dello squilibrio sfruttando un arousal neurale. Non a caso si tratta di una tecnica molto sofisticata, la cui sigla sta per “riflesso ad alta risoluzione, relazionale, basato su risonanza ed elettroencefalico”, ovvero ne descrive le proprietà di: auto-calibrazione sulla base del feedback elettroencefalico ricevuto dal paziente; auto-ottimizzazione delle onde cerebrali.

Ciò avviene in modo assolutamente non invasivo, perché utilizza specifiche onde sonore capaci di riflettere l’attività neurale e modificarla quasi in tempo reale, ed è stato progettato per avere effetti anche nel lungo termine, con progressiva acquisizione della capacità di autoregolazione del cervello senza utilizzo della HIRREM. Il professor Hossam A. Shaltout ha commentato la ricerca a partire dai pazienti non affetti da patologie cardiovascolari: “La maggior parte delle persone ha un’attività elettrica relativamente equilibrata tra l’emisfero destro e quello sinistro. Uno squilibrio, con un lato dominante o più attivo, potrebbe riflettere un difetto di regolazione da parte del sistema nervoso autonomo, dovuto agli effetti dello stress cronico, che pensiamo svolga un ruolo in ipertensione, emicranie, insonnia, depressione, vampate di calore, e altro ancora.”