La disposizione del grasso corporeo rivela a quale tipo di fame si è soggetti: lo studio americano appena pubblicato ha dei legami con la ricerca su disturbi alimentari quali bulimia, per cui non solo può risultare utile nell’ottica di una maggiore consapevolezza di sé per il singolo, ma anche come eventuale nuova base di studio dei fenomeni correlati alla distribuzione del peso. La ricerca è stata condotta nell’Università di Dexel dalla Dott.ssa Laura Berne, come apprendiamo da psicologia24, ed ha considerato due principali tipologie di localizzazione del grasso corporeo: mela, che corrisponde ad una prevalenza di adipe sul tronco e/o l’addome, e pera, che interessa cosce e fianchi.
Dalla valutazione è emerso che il primo tipo è più incline del secondo a manifestare una fame nervosa, tipica di un comportamento bulimico ma non unico predittore di questa grave patologia, dunque tendono ad eccedere spesso con le dosi, a lasciarsi andare al cibo come qualcosa di più che semplicemente una fonte nutritiva. Questo fenomeno puù facilmente sfociare, più che nella bulimia, in un altro disturbo alimentare molto recente ed anche molto sottovalutato: il binge eating disorder, che alterna periodi di digiuno punitivo a periodi di fame incontrollata. I soggetti inclini a quest’andazzo sono, secondo la ricerca statunitense di Dexel, anche propensi a considerarsi fisicamente meno soddisfatti, la loro rappresentazione mentale di sé subisce l’influenza proprio di quell’adipe addominale. Riguardo i motivi per cui quest’insieme di fattori colpirebbe solo la costituzione “mela” e non quella “pera” possono essere diversi, ma la Dott.ssa Berne ha già ipotizzato che possa trattarsi dei meccanismi biologici innescati dalla presenza dell’adipe sul tronco. In altre parole, la disposizione del grasso può non solo creare insoddisfazione perché più evidente, ma influenza anche la soglia di sazietà e la difficoltà con cui quello stesso adipe può essere eliminato.