SIRIA – Bambini che si nutrono di foglie di alberi o che, secondo gli attivisti, arrivano a mangiare cani e gatti, questa la terribile, incredibile e scioccante realtà di Madaya, a ovest di Damasco. Sono oltre 40 mila i civili costretti nella città circondata dalle milizie sciite di Hezbollah e continuano a patire fame e freddo rassicurati solo dal recente annuncio dell’Onu, che dichiara di aver ottenuto l’assicurazione che un convoglio umanitario possa raggiungere la città da parte del regime siriano appoggiato da Russia e Iran.
La buona notizia arriva dal portavoce dell’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati Melissa Fleming, che ha assicurato l’impegno del governo siriano per permettere alle organizzazioni umanitarie di raggiungere Madaya, dove nei prossimi giorni arriveranno i primi aiuti. Nessuna conferma o smentita finora da Damasco. In rete immagini virali hanno straziato i cuori di tutti, portando davanti ai nostri occhi occidentali una realtà del tutto inconcepibile. Bambini e anziani denutriti, scheletri ambulanti colpiti da malattie e condizioni invivibili dovute alla mancanza di cibo e medicinali adeguati. Fonti mediche dichiarano che 20 persone sarebbero morte di stenti nelle ultime settimane. Il più alto rappresentante Onu presso il governo siriano ha affermato che sarebbero almeno 42 mila le persone che rimangono a Madaya e sono a rischio di inedia. La maggior parte della città, posta sotto assedio quasi medievale, è circondata da truppe governative, milizie locali o straniere vicine a Damasco e in altri casi Madaya è controllata nei suoi sobborghi dall’Isis.
Le città di Fuaa e Kafraya, a nord-est della Siria, sono assediate dai miliziani delle opposizioni e gli alleati fedeli ad al-Qaeda controllano le due città difese anche dagli Hezbollah. Il futuro incerto dei 30 mila civili qui costretti è legato con un doppio filo a quello dei civili di Madaya. In città si trovano gli ultimi combattenti di Zabadani, centro urbano che nel 2012 si è ribellato contro il regime e costituendo una minaccia ai lealisti. Dopo l’attacco violento e la distruzione di Zabadani della scorsa estate, i sopravvissuti sono fuggiti a Madaya. L’accordo per l’evacuazione prevedeva anche la salvezza dei civili di Fuaa e Karaya, ma l’inizio della campagna aerea russa ha notevolmente rallentato le tregue e per le città non c’è stato nulla da fare.
Ecco da dove ha avuto origini la disumana decisione di Damasco: lasciar morire di fame e stenti la città per premere sulle opposizioni. Madaya da giorni si trova sotto una pesante coltre di neve e nelle case mancano i mezzi per riscaldarsi, niente latte, riso, farina, beni di prima necessità. Ne approfittano e sopravvivono i contrabbandieri, perché si sa, dove si muore di fame qualcuno ne trae sempre profitto. Al mercato nero i prezzi sono alle stelle: un chilo di farina tocca i 90 euro, uno di riso a 80, un litro di latte 25, numeri incomprensibili ai nostri occhi. A Madaya non sono pochi i casi registrati di famiglie costrette a mangiare foglie, a uccidere i pochi gatti rimasti e cibarsene. Poche parole di conforto quelle della Fleming che afferma: “Speriamo di arrivare prima che altre persone muoiano di fame”. La situazione intanto non cambia a nella città in cui si lasciano morire di fame i civili nel ventunesimo secolo.