Dalla California la conferma ad un progetto che entro 3-5 anni promette la sintesi di un vaccino che fermi l’Alzheimer fin dai primi stadi: dopo una serie di prove cliniche effettuate su cavie animali e pazienti dal 2002, il sì definitivo all’elaborazione del preparato chimico. Si tratta di una patologia su cui da decenni gli scienziati ricercano nuove soluzioni, dividendosi principalmente tra filoni di ricerca rivolti all’intervento postumo alla diagnosi e quelli concentrati sulla prevenzione, che è quello che ad oggi ha avuto maggiore successo nel compito di debellare tale patologia dalle prospettive di vita umane. Tra il 2002 e il 2012 sono stati 413 gli studi clinici condotti in tutto il mondo che hanno permesso la sintetizzazione di 244 composti chimici, dei quali solo uno è risultato davvero efficace ed in percentuale davvero esigua (0,4%), prestandosi perlopiù come farmaco palliativo della sintomatologia, principalmente nella perdita della memoria a breve termine.
Da allora il National Institutes of Health (NIH) ha devoluto 350 milioni di dollari in più alla ricerca sull’Alzheimer, che quest’anno ha raggiunto solo negli Stati Uniti il budget di 1,3 miliardi di dollari, permettendo al Dott. Petrovsky di lavorare su un composto innovativo basato su due componenti fondamentali. In primis, la struttura MultiTEP che permette di creare vaccini con elevate risposte anticorpali alla proteina tau, che ha la funzione di stabilizzare i microtubuli intracellulari e diventa la causa della neurodegenerazione se si aggroviglia su se stessa in seguito ad una mutazione, e la beta-amiloide, che origina dalla proteina dalla proteina APP e che con la mutazione si ammassa in placche fino ad interferire con la comunicazione sinaptica.
L’effetto viene calibrato rispetto alla presenza delle due proteine sia indipendenti che in combinazione, mentre la seconda componente della nuova formula è il vaccino adiuvante Advax, che aumenta la capacità anticorpale del preparato. Un modello precedentemente testato sui topi aveva dato risultati positivi, senza reazioni avverse alla sostanza e con buona tolleranza da parte dell’organismo dopo la somministrazione. Un’interessante scoperta ha rivelato che non solo tale vaccino ha efficacia preventiva, ma anche curativa in pazienti con morbo di Alzheimer ai primi stadi, in quanto produce l’effetto di reindirizzare le proteine nel tessuto cerebrale, che quindi hanno effetto curativo su un declino cognitivo in fase iniziale e dunque una perdita minima delle prestazioni.