Da sempre, l’Antico Egitto risulta uno dei periodi storici più affascinanti per addetti ai lavori e appassionati di storia. Difatti sono frequenti ricerche e studi su questa splendida civiltà, per riuscire a decifrarne enigmi e misteri ancora oggi irrisolti. Di recente sono stati pubblicati i risultati di una nuova analisi storico-scientifica che potrebbe far luce sulle vicende che hanno portato al crollo della fiorente civiltà egizia, che va ben oltre le cause legate agli scontri politici e all’avanzata di altri popoli di cui si era parlato fino ad oggi. Infatti, secondo quanto riportato da “Nature Communications”, sembra proprio che tra i fattori della fine dell’Antico Egitto ci siano delle vere e proprie calamità naturali, ovvero delle imponenti eruzioni vulcaniche.
Un gruppo di ricerca dell’Università di Yale ritiene che le grosse quantità di cenere e zolfo liberate nell’aria da diversi vulcani (anche piuttosto distanti dall’Egitto) tra il IV e il I secolo a.C., avrebbero causato dei sensibili cambiamenti climatici che, alla lunga, sarebbero diventati determinanti per la scomparsa dell’antica civiltà egizia. Infatti le sostanze rilasciate dalle continue eruzioni, non solo avrebbero diminuito fortemente l’irradiazione solare, ma avrebbero cambiato sensibilmente anche il clima dell’Africa del Nord, riducendo drasticamente i periodi di pioggia fondamentali per garantire le cicliche piene del Nilo che permettevano agli Egizi di mantenere florida la loro terra. Questa circostanza, unita ad una crescente condizione di precarietà legata a forti tensioni socio-politiche, sarebbero tra le cause scatenanti dalle scomparsa della civiltà egizia.
Lo studio statunitense ha analizzato un dossier che riporta tutte le eruzioni verificatesi negli ultimi 2.500 anni, constatando come, nelle fasi critiche dell’Egitto tolemaico (ossia dal 305 a.C. al 30 a.C. quando poi l’intera zona divenne una Provincia romana), si verificarono anche delle costanti e forti eruzioni che bloccarono l’avanzata dei monsoni verso l’Africa settentrionale, impedendo così l’arrivo del periodo delle piogge che garantivano le piene del Nilo. Di conseguenza, secondo i ricercatori, lo scarso livello d’acqua del grande fiume africano avrebbe impedito una continua irrigazione dei terreni circostanti, bloccando di fatto l’attività agricola, vero motore dell’economia dell’Antico Egitto. Se a tutto ciò si aggiungono gli scontri sociali e politici che poi sfociarono nella conquista da parte dell’Impero romano, si spiegherebbe perché l’affascinante civiltà egizia sia sparita proprio in quel periodo storico.
A sostegno della tesi degli studiosi statunitensi ci sono anche altre circostanze legate a fenomeni naturali che hanno influito proprio sulla portata d’acqua del Nilo. Ad esempio, nel 939 e nel biennio 1783-1784, le frequenti e violente eruzioni dei vulcani islandesi Laki e Eldgja provocarono una sensibile diminuzione della stagione delle piogge, bloccando le piene del fiume africano.
Dunque, qualora dovessero essere confermate le teorie legate a quest’ultima ricerca, si potrebbe dire che i cambiamenti climatici provocati da calamità naturali come le eruzioni vulcaniche sarebbero alla base della crisi e del tramonto dell’Antico Egitto.
Patrizia Gallina