Dario Franceschini in visita a Pompei

Pompei, riaperte tre domus, Franceschini: “Dobbiamo essere orgogliosi”

“È una bella storia italiana di cui dobbiamo essere tutti orgogliosi”. Il Ministro dei beni, delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini, non nasconde la propria soddisfazione dinanzi alla riapertura ufficiale al pubblico di ben tre domus degli scavi archeologici di Pompei. Si tratta della casa del Triclinio all’aperto, della casa del Larario Fiorito e di quella con Botteghe che, scoperte per la prima volta negli Anni ’50 da Maiuri, vennero poi recuperate interamente intorno agli Anni ’80. Gli edifici si trovano nella zona sud-orientale dell’antica città campana, nei pressi di Porta Nocera che, a quei tempi, rappresentava il miglior collegamento per chi viveva nel suburbio e voleva mettersi in marcia per assistere agli spettacoli nell’Anfiteatro.

Il Ministro Franceschini ha presenziato all’evento dalla grande portata storico-culturale insieme al soprintendente Massimo Osanna e, dopo essersi lasciato immortalare accanto alle tre domus riaperte proprio in queste ultime ore, ha manifestato tutto il suo gradimento per gli ottimi passi in avanti fatti in questi ultimi anni dal Parco Archeologico pompeiano. Infatti, sottolineando come all’inizio del suo mandato la città antica fosse simbolo di “difficoltà”, ora invece, si erge a sinonimo di “riscatto” e di ottimo utilizzo dei finanziamenti europei, anticipando che le iniziative di rilancio dell’intera area proseguiranno anche nei prossimi mesi.

Tuttavia, nonostante la bella notizia relativa al recupero delle tre antiche domus, in occasione della visita di Dario Franceschini nella città campana, sono emerse anche delle vicende meno piacevoli, accompagnate da un bel po’ di polemiche. Innanzitutto, mentre era in corso la visita del Ministro dei beni culturali all’area archeologica, una guida turistica lo ha avvicinato, lamentandosi di una serie di problematiche legate all’iniziativa delle prime domeniche di ogni mese gratis per tutti. Secondo la dipendente, infatti, questo progetto sarebbe da rivedere per Pompei, poiché ad ogni occasione arriverebbero migliaia di persone quasi impossibili da gestire e, soprattutto, poco interessate alle bellezze archeologiche della città, ma più a farsi una passeggiata, una sorta di scampagnata tra i resti dell’antica città distrutta dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C.

Inoltre, in seguito all’intervento del sindaco Pietro Amitrano, che ha firmato un protocollo che riconosce accoglienza ad un gruppo di profughi, alcuni dei quali saranno impiegati (senza alcuna retribuzione) come custodi degli scavi archeologici, il sindacato Unsa ha vivacemente protestato. Il segretario regionale Antonio Pepe, infatti, considera questo provvedimento come una sorta di mancanza di rispetto verso tutti i disoccupati italiani che, in questo modo “vedono sottrarsi la possibilità di ottenere un posto di lavoro”. A questa critica sono seguite sonore proteste da parte degli utenti dei social network, con frasi anche di stampo razzista nei confronti dei migranti, immediatamente stigmatizzate sia dal sindaco Amitrano, sia dalla Cgil Funzione Pubblica che ha preso le distanze dalle affermazioni di Pepe, ritenendo che non ci sia alcun legame tra il problema del deficit di custodi e operai nell’area pompeiana e quello che, invece, è un progetto di piena “integrazione sociale”.

Il segretario regionale Unsa, a questo punto, è intervenuto nuovamente per precisare il senso delle sue dichiarazioni che non avevano alcun obiettivo di stampo razzista, ma che miravano ad evidenziare il triste fenomeno della disoccupazione in Italia e soprattutto al Sud, esortando al contempo le istituzioni ad effettuare degli interventi concreti ed efficaci. In sintesi, Pepe non ha voluto affatto contestare l’accoglienza verso i migranti, ma la “poca sensibilità” ad impegnarsi per offrire finalmente delle soluzioni concrete ai tanti “disoccupati endemici”.

Patrizia Gallina