L’attentato a Parigi non è stato l’11 settembre della Francia, secondo quanto affermato dall’Isis, ma un 13 novembre che cambia il destino del mondo occidentale. È iniziata la guerra allo jihadista della porta accanto. Si tratta di uno scontro per la sopravvivenza della cultura occidentale e delle regole civili che non si può combattere riempiendo le città di soldati armati fino ai denti. Avrà la meglio colui che riuscirà ad applicare le leggi e farle rispettare da anche da coloro che vengono accolti, anziché seguire ciecamente la legge del taglione. Ospitalità e integrazione che vanno di pari passo con il rispetto delle norme, valide sia per i cittadini europei che per quelli stranieri, cristiani e musulmani che siano.
Dopo la tragica notte a Parigi si hanno poche certezze. Il nemico è ovunque e non si fa riconoscere. Potrebbe essere il lavavetri al semaforo oppure la donna che viene ad aiutare in casa. Gente che pensiamo sia sottomessa per necessità e che invece ha come scopo quello di distruggere tutto quello che l’Occidente rappresenta. Uno scontro dove Allah viene utilizzato per lavare le coscienze da ogni tipo di atto disumano.
Dall’attentato di ieri notte abbiamo compreso che non esistono più gli “obiettivi sensibili”. Stazioni, aeroporti, sedi istituzionali, monumenti-simbolo come la Torre Eiffel, il Colosseo oppure i Musei Vaticani. Proteggerli è un obbligo, ma non basta per evitare le stragi innocenti. È impensabile mettere uno 007 ovunque, come per esempio aumentare la rete di intelligence e seguire elettronicamente gli spostamenti di coloro che vengono sospettati.
Il rispetto delle regole è centrale. I bambini degli immigrati devono andare tutti a scuola e le loro famiglie che vivono in Europa devono avere un indirizzo certo. È necessario che ottengano le cure sanitarie, che paghino le tasse e facciano carriera nelle aziende perché bravi e preparati. Si tratta, senza dubbio, di uno sforzo enorme che in Francia e nel resto d’Europa passerà anche per espulsioni e controlli serrati alle frontiere. Il sangue degli oltre cento morti di Parigi, forse stavolta, renderà davvero unito il continente europeo. La società multietnica è il destino, ma bisogna viverlo senza le angosce perché il futuro è adesso.