La Russia sferra un nuovo e potente attacco contro il presidente turco Erdogan. È proprio il vice ministro della Difesa russo, Anatoly Antonov, a lanciare le pesanti accuse, dichiarando che Erdogan e la sua famiglia, ma anche le più alte autorità politiche della Turchia, sono coinvolti in quello che ha definito il “business criminale del traffico illecito di petrolio proveniente dai territori occupati dall’Isis in Siria e in Iraq”. Antonov ha affermato che la Turchia è il primo consumatore del petrolio rubato ai legittimi proprietari siriani e iracheni.
Serghiei Rudskoi, il vice capo di Stato maggiore russo, in occasione di un vertice delle autorità militari ha affermato: “Sono state individuate tre rotte principali per il trasporto del petrolio verso il territorio turco dalle zone controllate dalle formazioni dei banditi in Siria e in Iraq”. La risposta di Erdogan non ha tardato ad arrivare a Mosca. “Nessuno può lanciare calunnie contro la Turchia sull’acquisto di petrolio dall’organizzazione terroristica Daesh. Nel momento in cui potranno provarlo – ha replicato – mi dimetterò, come dovrebbero fare quelli che non possono provare le loro accuse”.
Il ministro Antonov ha stimato che il traffico illegale di petrolio frutta all’Isis ben 2 miliardi di dollari l’anno, sottolineando che gli jihadisti spendono questi soldi “per arruolare militanti in tutto il mondo, equipaggiandoli con armi, attrezzature militari e armamenti”. Anche Jeremy Corbyn, leader laburista britannico, ha confermato che il petrolio dell’Isis è venduto ad altri Paesi, compresa la Turchia, e chiede di indagare sulle possibili banche coinvolte nel finanziamento all’Isis.