Il trionfo della libera espressione o uno sconsiderato atto di diffusione di idee pericolose? L’inizio del 2016 è stato scandito da una notizia letteraria che ha fatto rizzare i capelli a filosofi, politici, gente comune. Sono infatti scaduti i diritti d’autore su una delle opere più controverse del Mondo, la “Bibbia” della corrente nazionalista che ha influenzato, nei dolorosi anni Quaranta, le mentalità fragili e contorte di chi, nelle parole del suo autore, ha letto un messaggio di speranza e di supremazia della razza “ariana” su neri, ebrei, omosessuali. Si, avete capito bene: il “Mein Kampf” di Adolf Hitler è ufficialmente rientrato nelle librerie dell’intero Globo terrestre.
APOLOGIA DELLA FOLLIA. Scritto tra il 1923 e il 1924 e pubblicato nel 1925, quando il “Fuhrer” si trovava agli arresti per il tentato colpo di Stato a Monaco, il “Mein Kampf” altro non è che il manifesto ideologico e politico di Adolf Hitler: pagine e pagine di inneggiamenti al Nazionalsocialismo, di giustificazioni all’eccidio del “popolo inferiore”, di farneticazioni politiche che portarono i Nazisti a compiere efferati genocidi di Ebrei e non solo. I diritti d’autore del libro erano in mano al Governo della Baviera, almeno sino allo scorso 31 dicembre quando, dopo 70 anni, è stata resa possibile la pubblicazione e la diffusione del discusso testo.
La ristampa del “Mein Kampf”, per ora, è assestata a “sole” 4mila copie, acquistabili a “soli” 59 euro l’uno. Il prezzo esagerato e la diffusione limitata potranno mai essere un deterrente per l’acquisto del “Mein Kampf”? Sono molte le incognite che ruotano attorno a questo discusso ritorno editoriale, che ha diviso l’opinione pubblica in due fazioni. Da un lato, si invoca la libertà d’espressione con ogni suo mezzo, affidandosi alla sensibilità e all’intelligenza del singolo lettore (nonché alle svariate note critiche aggiunte al testo originale in questa ristampa); dall’altro, vige la paura che le folli teorie del Fuhrer possano influenzare giovani menti ancora tutte da plasmare, in uno scenario sociale e politico sin troppo compromesso da partiti e correnti filo-nazionaliste.