Michele Emiliano ha deciso di non rinnovare l’iscrizione al Partito Democratico, nel pieno rispetto di una recente sentenza della Consulta in merito al suo ruolo da magistrato (seppure in aspettativa) impegnato attivamente in politica. Il governatore della Puglia ha parlato di scelta “dolorosa ma inevitabile”, legata a quanto statuito dalla Corte Costituzionale rispetto all’impegno in magistratura di uno dei maggiori oppositori di Matteo Renzi all’interno del PD.
Ad ogni modo, Emiliano ha voluto chiarire che rimarrà un fedele sostenitore del Partito Democratico, annunciando che continuerà a supportarlo qualora gli venisse richiesto, e che non mancherà di frequentare il suo circolo e di essere presente a tutti gli eventi ai quali riterrà opportuno intervenire. Infatti, l’ex sindaco di Bari ha ricordato che, nelle vesti di leader della coalizione di centrosinistra della Regione Puglia, la sua vicinanza al PD non si discute, trattandosi di un legame indissolubile al quale terrà sempre fede.
Ricordiamo che, in questi anni, il Consiglio Superiore della Magistratura ha aperto un procedimento disciplinare nei confronti del presidente della Regione Puglia, sospeso in attesa della pronuncia della Consulta, la quale è intervenuta il 4 luglio per definire “non fondate” le questioni di legittimità costituzionale in merito al presunto illecito disciplinare secondo cui i magistrati non dovrebbero essere né iscritti e né svolgere un’attività “continuativa e sistematica” all’interno dei partiti politici. In un primo momento, la procura generale aveva richiesto che Emiliano fosse raggiunto da un “ammonimento”, ovvero la sanzione più lieve in questi casi, ma l’intero processo era stato poi sospeso per attendere la decisione della Consulta, chiamata in causa dalla Sezione disciplinare del CSM. Proprio quest’ultimo, infatti, aveva sollevato dei dubbi di costituzionalità in merito al decreto legislativo n.109 del 2006, riferito alla riforma del sistema disciplinare dei magistrati, in base al quale il divieto viene esteso anche a quei magistrati che (proprio come il governatore pugliese) non esercitano e sono in aspettativa proprio per motivi elettorali.
Michele Emiliano, proprio a fronte di questa vicenda, ha preferito rinunciare al rinnovo della sua iscrizione al Partito Democratico. Il politico barese, in questi anni, all’interno del PD si è contraddistinto soprattutto come “anti-renziano”, contrastando in diverse occasioni le prese di posizione dell’ex Presidente del Consiglio, sposando invece la corrente interna favorevole ad un’apertura al dialogo con il Movimento 5 Stelle. Tra le maggiori critiche mosse dal magistrato barese a Renzi e Calenda (ex ministro dello Sviluppo Economico), ci sono indubbiamente quelle riguardanti l’emendamento alla Legge di Bilancio 2017 che introduceva un finanziamento di 50 milioni di euro per i bambini di Taranto, ma anche le spinose questioni legate all’Ilva e alla Tap che hanno visto Emiliano prendere spesso le distanze dai dem.
I momenti di maggior tensione con il fronte “renziano” del PD si sono avuti quando Michele Emiliano ha appoggiato con forza il referendum sulle trivelle, e quando ha sposato la causa del “No” in vista del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, promosso proprio da Matteo Renzi. Queste battaglie interne del governatore della Puglia, però, se da un lato hanno generato un bel po’ di tensione tra i dem, dall’altro non sono riuscite ad avvicinare realmente il magistrato al Movimento 5 Stelle, anzi, negli ultimi tempi si sono registrati diversi botta e risposta proprio con i pentastellati.
Michele Emiliano, infatti, ha criticato i grillini per il presunto voltafaccia in merito alla questione del gasdotto da realizzare nel Salento, arrivando anche ad un duro confronto con Barbara Lezzi, attuale ministro per il Sud. Infine, anche sul caso Ilva, l’ex primo cittadino di Bari ha attaccato M5S per il via libera concesso ad ArcelorMittal.
Patrizia Gallina