Facebook, ricerca choc: utenti come cavie inconsapevoli

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New York – Se volessimo riassumere l’ ennesima trovata targata Zuckerberg e portata avanti da un gruppo di esimi studiosi statunitensi con il classico linguaggio in voga su Facebook, potremmo semplicemente limitarci a non cliccare sul “Mi piace” d’ ordinanza. La vicenda che vede, però, loro malgrado coinvolti migliaia di utenti iscritti sul popolare social network, apre un dilemma di chiaro stampo etico: possiamo diventare delle potenziali “cavie” da laboratorio informatico senza saperlo, solo perchè abbiamo accettato una delle tante clausole mai lette nel momento in cui abbiamo deciso di entrare nel magico e pericoloso mondo di Facebook?

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Stando all’ opinione degli scienziati di  Facebook e delle Cornell University e University of California, la risposta potrebbe essere “Si”. Gli studiosi, infatti, non hanno esitato a manipolare le bachece virtuali di quasi 700 mila persone nel mondo, tutte iscritte sul social network, per registrarne emozioni e stati d’ animo. Lo studio, pubblicato sulla rivista statunitense “Proceedings” della National Academy of Sciences, avrebbe messo in evidenza come un qualunque stato d’ animo – rabbia, odio, amore, tristezza, gioia – possa essere trasmesso anche a distanza, generando una vera e propria “epidemia emotiva” a livello globale. I ricercatori, attraverso l’ alterazione di un algoritmo che determina i contenuti visualizzabili sulla bacheca Facebook di ogni utente, hanno praticamente pilotato la home page di ogni singolo ed inconsapevole soggetto di ricerca per una settimana intera. La ricerca, condotta dall’ 11 al 18 gennaio del 2012, ha permesso di suddividere le “cavie” in due gruppi: gli “ottimisti” ed i “pessimisti”.

In soldoni, a circa 300mila utenti Facebook venivano mostrati dei post di chiaro stampo “roseo”, ai quali i soggetti reagivano, a loro volta, condividendo contenuti belli e sorridenti sulla propria bacheca. Lo stesso procedimento è stato adottato anche sul restante campione, spinto a vedere la vita intera “in nero” per via della ricondivisione di contenuti ben poco gioiosi. Gli autori della ricerca sono molto fieri del proprio studio, che ha ancora una volta dimostrato, nel caso se ne fosse avvertito il bisogno, l’ estremo potere “virale” dei mass media ed il loro, talvolta drammatico, impatto sulle nostre vite. “Gli stati emotivi si possono trasmettere per un fenomeno di contagio, inducendo altre persone a provare le stesse emozioni senza che ne siano coscienti”, hanno dichiarato gli scienziati.

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Immancabili le polemiche, legate al diritto di ledere, anche se indirettamente, la privacy degli utenti Facebook, arrivando a manipolare informazioni personali. La critica più grande mossa contro questo pseudo studio è legata alla mancata consapevolezza, da parte dei soggetti studiati, di essere monitorati nel corso delle proprie attività “social”. Ai numerosi dubbi sollevati dagli iscritti su Facebook e non solo, uno dei co-autori dello studio ha risposto proprio con un post. “I ricercatori hanno ritenuto importante studiare l’ influenza dei commenti positivi e negativi, sottolineando come questi ultimi lascino alle persone una sensazione di esclusione, che potrebbe spingerle ad evitare l’uso di Facebook“, ha precisato lo studioso Adam D.I. Kramer. La domanda, però, resta: era necessario e, soprattutto, lecito manipolare i “socialite” per ottenere simili risultati?