La “battaglia politica” è entrata nel vivo: è prevista per domani la direzione del Partito Democratico, che si preannuncia incandescente. Da più parti stanno arrivando critiche pesanti al Jobs Act di Matteo Renzi: il segretario della Cgil, Susanna Camusso, annuncia che per l’articolo 18 “sarà una lunga guerra” e tutta la minoranza Pd si schiera compatta contro la riforma del lavoro tracciata dal governo. Dall’altra parte, Matteo Renzi si scaglia contro i poteri forti e sottolinea come il partito si debba adeguare alle scelte della sua maggioranza.
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MINORANZA PD – Nei giorni scorsi il gruppo della minoranza Pd ha presentato sette emendamenti (LEGGI A PROPOSITO: Riforma del lavoro presentati gli emendamenti della minoranza Pd) al disegno di legge sulla riforma del lavoro presentato dal governo. La principale richiesta è la piena tutela dell’articolo 18 per tutti i neoassunti dopo i primi tre anni di contratto a tutele crescenti. Cosa che invece Renzi vorrebbe eliminare: nessuna reintegra nel posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo, come garantito dall’articolo 18. Al posto del reintegro, il premier propone un indennizzo al lavoratore e la presa in carico da parte dello Stato. “Perdi il lavoro? Lo Stato ti aiuto a ritrovarlo, facendoti corso di formazione e almeno due proposte di lavoro”.
La reintegra nel posto di lavoro sarebbe garantita solo nel caso di licenziamento discriminatorio. A questo proposito afferma Matteo Orfini: “Nessun imprenditore esplicita la ragione discriminatoria del licenziamento. Se non si vuole mantenere il reintegro per i licenziamenti senza giusta causa è indispensabile modificare la norma su quelli discriminatori rafforzandola per garantire di più i lavoratori”. Tuttavia, l’aria all’interno del Partito Democratico è tesissima: ieri Giuseppe Civati ha paventato l’ipotesi di una scissione interna al partito, rischio escluso invece dall’ex segretario Pierluigi Bersani.
Tuttavia dalla minoranza Pd è proprio Bersani a non risparmiare alcuna accusa al premier. Innanzitutto, parlando della riforma del lavoro afferma che” sono stati presentati emendamenti ragionevoli sui quali si possono trovare soluzioni” . Poi attacca il premier sull’alleanza con Verdini e Berlusconi, gli unici interlocutori possibili di Matteo Renzi. Infine Bersani sottolinea che “se nei provvedimenti si dovesse togliere dignità al lavoro, rischieremmo uno scivolamento a destra che il partito non può accettare”. Tutto questo a poche ore dalla direzione del Partito Democratico (in programma domani), in cui la minoranza farà sentire la sua voce.
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SINDACATI – “Non è un tema che riguarda il sindacato, ma l’idea di quale lavoro vogliamo nel nostro Paese. Se torniamo a un’idea di lavoro servile o libero e moderno . È una battaglia vera che non ha tempi brevi. Non si chiude con una decisione di una direzione”: queste sono le parole di Susanna Camusso. Inoltre, il segretario della Cgil si dice positiva sulla riuscita delle posizioni del sindacato: “Io credo che ne abbiamo. Perché credo che il Paese ne abbia bisogno”. Intanto domani mattina, verso le 10.30, è fissato un incontro tra Cgil, Cisl e Uil, i principali sindacati italiani, per trovare un’intesa e una posizione unitaria sul Jobs Act di Matteo Renzi.
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NUOVO CENTRODESTRA – Del tutto opposta la posizione di Angelino Alfano e del Nuovo Centrodestra sulla riforma del lavoro: “Renzi sta proponendo delle cose giustissime. Io non voglio giocare al rilancio, ma la riforma del lavoro dovremmo farla subito e per decreto”. La risposta dei sindacati è netta: se la riforma venisse approvata per decreto da parte del governo, verrebbe indetta una mobilitazione generale. Inoltre, sia Alfano che Berlusconi sottolineano come queste proposte siano già state fatte nel passato dai governi di centrodestra, ma sinistra e sindacati si sono sempre opposti: “Con 12 anni di ritardo la sinistra ha capito che avevamo ragione noi”.