Milan – Una crisi di cui non si vede la fine, un punto nelle ultime quattro partite, l’ennesima batosta sportiva contro la Lazio, una società allo sbando, 100 milioni di stipendi per navigare al decimo posto in classifica, una convivenza assurda tra la figlia di Berlusconi e Adriano Galliani nel dirigere le scelte sportive, giocatori presi a parametro zero dalle riserve di altre società, un allenatore che sei mesi fa allenava la primavera, uno spogliatoio diviso e senz’anima. Questo è ciò che rimane della società più blasonata al mondo, un ammasso di macerie su cui una proprietà senza progetto, cammina come se nulla stia succedendo. Vivere del passato non basta, esistono nella storia sportiva società blasonate che sono decadute e non si sono mai più sollevate, l’ AC Milan è su questa strada. Il ritornello di molti tifosi milanisti è questo: “abbiamo goduto tanto in passato, ora possiamo anche subire”. Non credo che ai tifosi del Barcellona, del Real Madrid, della Juventus, del Manchester, del Bayern e di altre squadre top un ragionamento del genere verrebbe mai in mente, ma al milanista invece sembrerebbe proprio di si dimenticando che se dovesse continuare questo trend oltre a finire presto in zona retrocessione, l’AC Milan rischierebbe il fallimento perché i costi e le strutture che sopporta sono di una società che deve navigare in Europa e nelle zone alte della classifica. Sopratutto le società calcistiche di livello impostano politiche commerciali e sportive per mantenere il club e il suo brand ai piani superiori della top ten per un motivo prevalentemente economico e successivamente sportivo. Perdere gli introiti televisivi per la mancata partecipazione alle coppe europee va ad incidere pesantemente sui bilanci e l’effetto negativo va a riflettersi sulla fuga degli sponsor, sul calo del merchandising, di abbonamenti e tifosi. Una spirale che tende a trascinare il club nel baratro economico. Guardiamo i numeri: il monte-ingaggi totale (calciatori+staff) è di circa 147M lordi/anno, decisamente inferiore ai 206M del 2012, ma pressoché in linea con i 151M del 2013, ipotizzando però un calo del fatturato (da 263M nel 2012/2013 a circa 210/220M nel 2013/2014) dovuto alla mancata partecipazione alle competizioni europee, al calo degli abbonamenti e del merchandising, il saldo risulterà in netto passivo. Numeri che peggioreranno ancora di più alla chiusura del bilancio 2015/2016 alla luce dei risultati sportivi attuali e che allontaneranno sempre di più il tanto agognato auto-finanziamento. Oltre alle umiliazioni sportive, che non sono da sottovalutare perché fanno parte dell’identità del tifoso e lo allontanano dalla squadra, (la Juventus si conferma la regina del tifo con 11,2 mln di tifosi nella penisola ,29% del totale, davanti al Milan 16,3%, Inter 16% e Napoli 11,6% ) questa situazione risulta difficile da invertire se non s’immettono risorse fresche nella società acquistando giocatori e fuoriclasse all’altezza di vestire la maglia rossonera. Senza i risultati sportivi il fatturato non aumenterà e la sostenibilità economica andrà a farsi benedire. Se non si farà così la strada sarà tutta in salita, perché se da una parte si è sbandierata l’importanza del vivaio e di costruirsi i campioni “in casa”, potenziando lo scouting giovanile, dall’altra poi vediamo un Cristante (19) che va all’estero per mancanza di spazio ed una campagna acquisti 2014/2015 (seppur obbligata, visto il budget minimo) basata su Diego Lopez (33), Alex (32), Torres (30), Rami (28), Armero e Menez (27) e con le sole eccezioni Bonaventura (25) e Poli (24), senza citare Van Ginkel (21) arrivato solo in prestito secco.
In sostanza una linea ed un progetto del tutto incerti, che nei prossimi anni, approfittando delle probabili rescissioni dei “vecchi” Mexes, Essien, Abbiati, Zaccardo e Nocerino, degli inserimenti in prima squadra di talenti come Mastour, Modic, Tamas e Benedicic, e del tanto atteso stadio di proprietà (che dovrebbe rappresentare il prossimo motore per il fatturato del Milan) dovrebbe/potrebbe, forse portare ad una piccola grande svolta… seguendo le orme del virtuoso Bayern Monaco magari, forte sul campo…e pure nel bilancio. In definitiva, per ora, pura utopia. Se all’attuale proprietà che tanto in alto ha portato il Milan e i cui i tifosi ringraziano per le grandi soddisfazioni che ha regalato, non interessa più impegnarsi in questa attività con risorse adeguate e un progetto serio e sostenibile, non resta che vendere le proprie quote a imprenditori che hanno già dimostrato il proprio interesse per la società e hanno voglia di rilanciarne il Brand riportando la squadra ai livelli che gli competono in Italia e nel mondo pena continue umiliazioni sportive ed economiche che allontaneranno milioni di tifosi.