“Come fa l’ essere umano ad essere così poco umano?”, si chiedeva incredulo Stefano, la cui unica colpa era stata quella di aver rifiutato di sottoscrivere un accordo nel quale il 33enne avrebbe dovuto impegnarsi a rimuovere l’ ascensore alla sua morte e ad utilizzare lo stesso in esclusiva, impedendone l’ usufrutto persino a personale sanitario e familiari. Un vero paradosso, soprattutto considerando il fatto che Martoccia avrebbe benissimo potuto agire di testa propria, infischiandosene delle lamentele dei condomini tutti casa e chiesa.
Un paradosso doppio, quello vissuto da Stefano Martoccia, non amato dai suoi vicini di pianerottolo e non solo come Gesù Cristo comanda nella Bibbia. Dettami religiosi riveduti e corretti per gli abitanti del palazzo in via Le Chiuse , la cui grettezza ha spinto Stefano a vivere nell’ appartamento del cugino, sito al pianterreno, dove si è spento con la dignità che meritava ma, probabilmente, privo di quella serenità che era solito trasmettere ai suoi affetti più cari.
Oltre 500 persone hanno accompagnato Stefano Martoccia nel suo ultimo viaggio. Tra questi, ne siamo certi, anche i dirimpettai lamentosi e poco caritatevoli, ai quali don Antonio Menegon ha giustamente rivolto parole di biasimo per la mancata “pietas” mostrata al ragazzo. “Perdonali, Stefano”: questa l’ ultima preghiera rivolta dal sacerdote al ragazzo, preghiera che da lassù Stefano avrà sicuramente preso in carico. Peccato non esista una seconda possibilità per questi uomini e donne di chiesa di redimersi.