8 marzo, festa e violenza: il degrado della donna

8 marzo

Buon 8 marzo a tutte noi. Oggi è la nostra festa, la celebrazione di ogni essere umano di sesso femminile esistente nell’intero Globo terrestre. Poco importa il colore della pelle, il sesso, la religione: la donna è donna e come tale va amata, rispettata, decantata. Tante le canzoni, a tal proposito, dedicate al gentil sesso: dalla Zuccheriana “Donne” – sempre “In cerca di guai” – a “Quello che le donne non dicono” di Fiorella Mannoia, che descrive se stessa e noialtre come “Dolcemente complicate” e mai stanche, in attesa di un altro “Si”.

Talvolta, però, questo “Si” tarda a sopraggiungere, sino a non arrivare mai. Del resto,”Chi dice donna, dice danno” come sostiene un vecchio detto, divenuto un diktat preso alla lettera da tutti quegli uomini “orchi” che decidono che la loro partner, amica, madre, amante, sorella non sia degna non solo di festeggiare l’agognato 8 marzo, ma neanche l’alba del giorno dopo.
Le statistiche parlano chiaro: ogni 45 secondi nel Mondo una donna è vittima di violenza. Che sia fisica, verbale, un atto di stalking o un indegno femminicidio, poco importa: non esiste festività che tenga per queste creature amate da Dio e nate da una costola del loro amato-odiato alter ego. Non ci saranno mai più degli 8 marzo da festeggiare per la piccola bimba africana che ha deciso di ardersi viva piuttosto che sottostare alle vili ed ignoranti leggi del popolo maschile, che hanno assolto il suo stupratore. Niente mimose per Yara e Sarah, alle quali i propri killer non hanno concesso nemmeno il lusso di diventare splendide e giovani donne.
Elena, Roberta, Chiara: per alcuni saranno solo nomi femminili. Ma le tre donne, meglio note per i loro cognomi – ed ancora più famosi sono i loro veri o presunti assassini – erano delle studentesse, delle madri, delle creature innocenti per le quali l’8 marzo avrebbe dovuto essere festeggiato ogni giorno, ad ogni ora.
Spesso si dimentica il vero ruolo delle donne nella nostra società. Sminuite, sottovalutate, sottomesse a mentalità grette e fin troppo antiquate o, al contrario, iper esposte come strumento sessuale alla mercé dell’ “homo erectus”. Ancora peggio è, però, vedere che sono le stesse donne a rendersi mero oggetto del desiderio, riducendo la festività dell’8 marzo ad una sorta di trasgressivo ed immotivato addio al nubilato extra. Vi è una sottile differenza tra le povere creature costrette a prostituirsi e chi, invece, per riempire le proprie tasche sarebbe disposta a tutto, davvero a tutto. E allora, buon 8 marzo alla semi sconosciuta Rosy Maggiulli, prosperosa ex Gieffina convertitasi al porno e alla pubblicità trash con tanto di patetico risvolto smascherato dalla trasmissione “Le Iene” (a tal proposito, perchè la bionda e formosa ragazza non prende esempio da Nadia Toffa & Co. piuttosto che ricalcare – e anche male – le orme delle Olgettine?); buon 8 marzo anche alle giovani frequentatrici di bagni pubblici, diventati vere e proprie camere da letto, che sembrano soffrire della “sindrome di Anastasia” (la protagonista di “Cinquanta sfumature di grigio”, tanto per intenderci). Ed infine, buon 8 marzo alle patite dei selfie “hot”, a quelle che immortalano il proprio “davanzale” decantando le abilità emotive degli occhi (che nessun essere umano eterosessuale e non guarderà) e che poi lamentano la presenza dei pervertiti in chat. Tanta carne al fuoco, per questo 8 marzo, una portata talvolta indigesta seguita da un dessert che restituisce speranza: un gruppo di uomini ha sfilato a Kabul coperto di un burqa a sostegno dei diritti del gentil sesso. Perchè, come ricordavano Jo Squillo e Sabrina Salerno, “Oltre le gambe c’è di più”, e non dovremmo dimenticarlo mai.
Buon 8 marzo a tutte. 

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