Gli inquirenti in Procura intanto hanno deciso di ascoltare, oltre a coloro che avevano già ascoltato in passato, nuove persone. Testimoni oculari, con ogni probabilità, tra cui qualcuno che ha visto un uomo nel parco di San Valentino la sera dell’omicidio di Teresa e Trifone. Ascoltata anche una donna, legata in passato a Trifone Ragone, che potrebbe chiarire molti aspetti riguardanti il rapporto tra la vittima ed i suoi ex coinquilini.
La figura di Rosaria. Rosaria Patrone, la fidanzata dell’unico indagato per il duplice omicidio, indagata anch’essa (con altri capi d’accusa), è accusata dagli inquirenti di aver cancellato dal proprio telefono i messaggi con cui Giosuè la informava di aver ucciso Teresa e Trifone. La 2oenne campana, studentessa di giurisprudenza, è una figura chiave in questa indagine. “Il delitto della doppia coppia” lo definisce Gianloreto Carbone, inviato di “Chi l’ha visto?” che la scorsa settimana si è occupato del caso. Teresa, stando a quanto rivelano le perizie informatiche, ha iniziato a ricevere i messaggi molesti intorno alla metà del 2014, periodo in cui Trifone lascia i suoi coinquilini e va a vivere con lei. Nei messaggi Trifone veniva descritto “gigolò” ed “amorale”.
Gli inquirenti, racconta Gianloreto Carbone, convinti che dietro i messaggi social ci fosse Ruotolo, si erano recati a Somma Vesuviana per ascoltare Rosaria Patrone nonché amici e conoscenti della coppia di indagati. Due amiche di Rosaria erano state avvisate dell’intento da parte degli inquirenti di ascoltarle. Le due giovani hanno subito contattato Rosaria Patrone e, durante il discorso, salta fuori il discorso del profilo Facebook anonimo. “Non dite niente di quel profilo, è solo una scemenza di nessuna importanza” ha detto Rosaria alle amiche. Ma le due giovani, angosciate, fanno il contrario spostando l’attenzione sulla ragazza di Ruotolo, della quale i procuratori di Pordenone hanno scritto: “Istigava il suo fidanzato Ruotolo Giosuè a cagionare la morte di Ragone Trifone e Costanza Teresa, esplodendo sei colpi di una pistola semiautomatica marca Pietro Beretta, modello 1922 calibro 7,65″. Rosaria Patrone, scrivono ancora i procuratori “Aiutava il Ruotolo medesimo ad eludere le investigazioni dell’autorità, cancellava dal proprio telefono cellulare i messaggi telefonici e/o informatici con i quali Ruotolo Giosuè la informava di aver commesso l’omicidio”.