India, ammesso ricorso dei marò. P.Chigi: “Subito rientro in Italia”

Marò

New Delhi – La Corte suprema indiana ha ammesso il ricorso dei due marò contro l’utilizzo della polizia Nia antiterrorismo ed ha sospeso il processo a loro carico presso il tribunale speciale. La prossima udienza prevista si terrà tra quattro settimane. Del caso marò, aveva parlato anche il Presidente del consiglio, Matteo Renzi, ieri durante il suo incontro con il Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama. Cosa che fa sperare in un possibile appoggio da parte degli USA sulla questione. Ma c’è dell’altro.

Secondo fonti legali il ricorso accolto dalla Corte “contesta in toto il diritto dell’India a condurre l’inchiesta e a giudicare i marò“. Alla luce di tutto ciò, il governo italiano ha diramato una nota in cui chiede con forza la giurisdizione italiana sul caso e l’immediato rientro in patria dei due militari. “Il governo – afferma Palazzo Chigi nella nota – continuerà a svolgere tutte le azioni internazionali utili a raggiungere quanto prima entrambi gli obiettivi“. Per l’Italia, che era già riuscita a sventare la possibilità di utilizzare il Sua Act (la legge anti-terrorismo che prevede anche la pena di morte), si tratta di una indubbia vittoria. L’Italia ha comunque chiaramente detto che non riconosce la giurisdizione indiana sul processo e che quindi non presenterà i due marò in aula.

“In questa vicenda abbiamo avuto troppi alti e bassi e non voglio ancora commentare la decisione che la Corte Suprema ha preso questa mattina. Dobbiamo reagire con glacialità, ma spero con efficacia“, ha detto Staffan De Mistura, inviato speciale del governo a Sky TG24 Mattina – Aspetto di vedere i dettagli e poi farò commenti, stiamo ancora analizzando questa situazione. La nostra linea è chiara, noi puntiamo esclusivamente sulla internazionalizzazione“. Stessa linea di pensiero di diversi politici italiani, ad esempio il Presidente della Commissione Affari esteri del Senato, Pier Ferdinando Casini, ha dichiarato in merito: “Positiva la decisione della Corte Suprema di New Delhi, ma non ci basta perché della giustizia indiana non possiamo più fidarci. Per questo la via da continuare a seguire è quella dell’internazionalizzazione della vicenda“.