Più di tredici milioni di italiani sono chiamati alle urne: oggi, domenica 5 giugno, si vota per eleggere il sindaco di 1.342 Comuni. Un appuntamento elettorale utile per testare lo stato di salute dei partiti, ad un anno dalle ultime elezioni regionali e qualche mese prima rispetto al referendum costituzionale di ottobre. Infatti, molti capoluoghi di Regione daranno le proprie sentenze, da Nord a Sud: Roma, Milano, Bologna, Torino, Napoli, Cagliari, Trieste.
Le urne sono aperte dalle 7 di questa mattina sino alle 23. Poi inizierà il conteggio dei voti: exit poll, dirette televisive, primi dati ufficiali, reazioni dei partiti, risultati definitivi. Se in un Comune nessun candidato supererà la soglia del 50% più uno delle preferenze, i due con maggiori preferenze si scontreranno al ballottaggio decisivo, in data domenica 19 giugno.
Ma quali sono i possibili scenari che si apriranno una volta chiuse le urne? Gli elettori italiani sono ormai abituati a sentirsi dire da tutti i partiti dello schieramento politico che, comunque vada, hanno vinto. Tutti vincitori, nessun perdente. Tutti a guardare il bicchiere mezzo pieno, anche se talvolta di acqua ce n’è ben poca. Tuttavia, oggi la posta in palio è alta: la ricostruzione del centrodestra, l’affermazione del Movimento Cinque Stelle come partito di governo, i contrasti interni al centrosinistra.
Una partita importante si gioca nel centrodestra: una sfida interna tra chi vorrebbe una leadership moderata e chi spinge per una guida più estremista. Silvio Berlusconi contro Matteo Salvini. I due non si sono incrociati al comizio conclusivo di Stefano Parisi, candidato sostenuto sia da Forza Italia che da Lega Nord a Milano. Silvio è rimasto a Roma, a sostenere sino all’ultimo il moderato Alfio Marchini, mentre dal capoluogo lombardo il leader leghista ha ostentato sicurezza su Giorgia Meloni, il candidato che meglio incarna gli ideale di una destra estremista, passionale, tacciata di populismo e mancanza di equilibrio: “E’ a Roma a perdere, Giorgia andrà al ballottaggio”.
Nel centrosinistra Matteo Renzi ha voluto sgombrare il campo: “Si vota per i sindaci, non per il Governo. Per quello ci sarà tempo al referendum di ottobre”. In questo caso sono due gli aspetti da tenere in considerazione. Innanzitutto, il risultato che otterranno le liste che si presentano alla sinistra del Partito Democratico, come quella di Stefano Fassina a Roma, Basilio Rizzo a Milano, Giorgio Airaudo a Torino. I risultati saranno così soddisfacenti da spingere alla formazione di un grande partito “più rosso” del Pd? La seconda questione riguarda il Partito Democratico stesso: i sondaggi da mesi lo vedono in discesa, incalzato dal Movimento Cinque Stelle. La verità è che, comunque vada, un voto negativo verrà interpretato come una delegittimazione del Governo Renzi, anche se il grillino Di Maio ha già affermato che in ogni caso non sarà il Movimento a chiedere le dimissioni del premier. Al contrario, un risultato positivo verrà utilizzato per legittimare e rilanciare la leadership di Matteo Renzi e del suo Partito Democratico nel centrosinistra e nell’intero schieramento politico.
Infine, il Movimento Cinque Stelle è chiamato a compiere il salto decisivo. Nella scorsa tornata ha conquistato sedici amministrazioni locali, proponendosi come partito di governo e non unicamente di opposizione. I problemi non sono mancati (tra espulsioni interne e avvisi di garanzia), ma le rilevazioni indicano chiaramente un trend positivo del Movimento. Conquistare l’amministrazione di un grande capoluogo italiano rappresenta un passaggio necessario per legittimarsi come potenziale forza di governo anche a livello nazionale.
Tappe della giornata elettorale: alle 12, alle 19 ed alle 23 saranno diffusi i dati sull’affluenza. A partire dalle 23 inizierà spoglio e la conta dei voti con i primi exit poll. A seguire, proiezioni e sequenza dei risultati fino ai dati definitivi. Solo allora gli scenari diventeranno realtà.