Libia, liberati i due tecnici italiani rapiti il 19 settembre scorso

Liberati i due tecnici italiani rapiti in Libia LIBIA – Sono stati liberati Danilo Calonego e Bruno Cacace, i due tecnici italiani rapiti in Libia lo scorso 19 settembre. Secondo quanto affermato dalla Farnesina, i connazionali hanno fatto rientro in Italia nelle prime ore di questa mattina con un volo dedicato. Con loro era stato rapito anche Frank Boccia, un cittadino italo-canadese che lavorava con loro presso l’azienda piemontese Con.I.Cos. “Stiamo bene e non abbiamo subito violenze” hanno dichiaro i due tecnici.

Il ministro degli esteri, Paolo Gentiloni, ha dichiarato che è una bella soddisfazione per l’Italia, e soprattutto per le famiglie che i due ostaggi sono stati finalmente liberati. Il ministro ha inoltre dichiarato che la Farnesina crede di dare sempre tutte le informazioni possibili sulla Libia, dove le condizioni di lavoro sono spesso difficili per la sicurezza personale.

“Finalmente è un buongiorno. So che mio fratello è libero e sono felice. Aspettiamo tutti il suo ritorno” ha affermato Daniela Calonego, sorella di Danilo. Bruno Cacace, 56 anni, residente a Borgo San Dalmazzo (Cuneo) e Danilo Calonego, 66 anni, dalla provincia di Belluno, erano stati rapiti tra le ore 7 e le 8 del mattino del 19 settembre scorso a Ghat, da sconosciuti armati e mascherati.

Il ministero degli esteri italiano ha sottolineato che i due tecnici sono stati liberati grazie alla efficace collaborazione delle autorità locali libiche. Secondo alcune fonti della sicurezza libica, i due ostaggi sarebbero stati liberati dopo un’operazione di intelligence del Consiglio Presidenziale. Paolo Gentiloni ha rivolto un “sentito ringraziamento” alle diverse figure dello Stato che hanno contribuito alla liberazione di Danilo Calonego e Bruno Cacace. Il ministro degli esteri ha inoltre ringraziato le autorità libiche che hanno dato una mano e gli apparati di sicurezza canadesi.

Dal momento del rapimento, i tre ostaggi sono stati sempre insieme. I tecnici sono stati nelle mani di una banda di criminali comuni che non aveva alcuna matrice di sfondo religioso.  “I nostri rapitori non erano jihadisti, bevevano alcool e neppure pregavano” hanno spiegato in caserma i tre ex ostaggi.