Il Governo si prepara ad aprire i lavori per occuparsi del dossier Autonomia per il Veneto, con un Consiglio dei Ministri che quasi certamente verrà convocato a dicembre per andare incontro alla richiesta inoltrata dalla regione del nord-est Italia. Si tratta di un intervento che vede i vicepremier Matteo Salvini e Luigi Di Maio pienamente d’accordo, e annunciato con soddisfazione dal ministro per gli Affari Regionali, Erika Stefani, la quale ha affermato che ormai “non è più un tabù”.
Salvini si è dimostrato piuttosto risoluto nell’approvare al più presto il decreto che concederà l’autonomia al Veneto, dichiarando che ben presto si passerà dalle parole ai fatti, e aggiungendo che questa misura rientra appieno nel contratto di Governo. Anche Di Maio, nel corso di una visita a Spresiano (provincia di Treviso), ha detto a chiare lettere che la concessione dell’autonomia regionale va data al più presto, poiché “i veneti hanno votato un referendum che non dev’essere disatteso”. Il ministro del Lavoro ha anche evidenziato che già in questo mese l’esecutivo si occuperà della vicenda nei vari Consigli dei Ministri, ricordando che comunque non c’è alcuna intenzione di perdere del tempo, poiché la misura va approvata in tempi certi.
Soddisfatto, naturalmente, il governatore della Regione Veneto, Luca Zaia, ma anche il ministro per gli Affari Regionali, Erika Stefani, la quale ha chiarito fin da subito che l’iter per arrivare alla concessione di una maggiore autonomia a tutte le regioni che l’hanno richiesta non avrà alcuna ricaduta sulle casse dello Stato, poiché si tratterà di una legge definita “a costo zero”. Inoltre ha ricordato che finora sono giunte 8 istanze di autonomia da Veneto, Lombardia, Emilia Romagna, Liguria, Toscana, Piemonte, Marche e Umbria, anche se pare che in totale siano ben 13 le aree territoriali che sarebbero pronte a richiedere al Governo una maggiore libertà d’azione in determinati settori.
Al momento, pare che la maggioranza voglia dare la priorità alle prime tre regioni che hanno presentato tutta la documentazione necessaria già nella precedente legislatura, ovvero Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna. Si tratta di un provvedimento che non entra nemmeno in contrasto con la Costituzione, poiché l’articolo 116 della legge fondamentale dello Stato italiano prevede proprio che le Regioni a statuto ordinario possano richiedere delle maggiori forme di autonomia in accordo con il Governo. E così, forti anche dell’esito del referendum dello scorso anno, Veneto e Lombardia hanno rotto gli indugi, chiedendo più spazio nella gestione di 23 materie, mentre l’Emilia Romagna si è fermata a 15.
In particolare, sia in Veneto che in Lombardia si punta all’autonomia regionale in settori quali scuola e diritto allo studio, gestione e programmazione dei flussi migratori, contratti con gli operatori del comparto sanitario, fondi per sostegno alle imprese, Soprintendenze e concessioni per idroelettrico e stoccaggio del gas, solo per citarne alcuni.
Tuttavia, se il Governo Lega-M5S ha concesso il disco verde all’autonomia regionale a partire dal Veneto, da più settori della società italiana si sta mettendo in guardia la maggioranza dall’approvare un decreto che, alla lunga, potrebbe causare dei problemi a livello nazionale. Fra i più critici nei confronti del provvedimento, ci sono i sindacati della scuola, i medici dell’Anaao-Assomed (secondo i quali si rischia di compromettere la gestione omogenea delle politiche sanitarie), gli esponenti del Tribunale per i diritti del malato (che temono un aumento delle diseguaglianze nel comparto salute), e numerosi docenti, giornalisti, economisti ed intellettuali, i quali hanno lanciato e sottoscritto un appello per frenare la concessione dell’autonomia, denominato “No alla secessione dei ricchi”.
Patrizia Gallina