Quella del 10 giugno del 323 a.C. rappresenta una delle date più importanti della storia antica. Si tratta, infatti, del giorno in cui è morto Alessandro Magno, il grande condottiero macedone che, in appena 12 anni, riuscì a conquistare l’intero Impero Persiano, ponendosi alla guida di uno dei domini più vasti di sempre. Di recente, in seguito ad una ricerca svolta dalla professoressa Katherine Hall, sono emersi degli inquietanti dubbi circa le cause del decesso del figlio di Filippo II che, stando ai risultati dello studio, pare sia stato addirittura sepolto mentre era ancora vivo.
Alessandro Magno, infatti, potrebbe essere stato ucciso dalla Sindrome di Guillain-Barrè, ovvero una forma rara ma piuttosto grave di una patologia autoimmune derivante da un’infezione del batterio Campylobacter pylori. Si tratta di una malattia che arreca ingenti e irreversibili danni al sistema nervoso periferico, arrivando a provocare nei casi più estremi anche una paralisi completa. Molto probabilmente, dunque, il condottiero macedone, colpito da questo terribile problema di salute, sarebbe stato tumulato quando, in realtà, era ancora in vita, morendo di fatto nella sua tomba 6 giorni dopo la sepoltura.
Katherine Hall, ricercatrice canadese della Scuola di Medicina Dunedin dell’Università di Otago, nel suo studio è partita dalle varie teorie avanzate fino ad oggi, secondo cui il militare macedone sarebbe spirato a 32 anni per le conseguenze di un’infezione, per l’alcolismo o anche per avvelenamento dietro cospirazione di qualche traditore. In realtà, valutando i documenti storici, la professoressa si è resa conto che tutte le testimonianze parlavano della mancanza di qualsiasi segno di decomposizione sul corpo del conquistatore dell’Impero Persiano per ben 6 giorni.
A questo punto, la studiosa ha potuto affermare che, stando alla sua ricerca, Alessandro Magno sarebbe rimasto vittima di una forte infezione da Campylobacter pylori che comporta solitamente dei profondi dolori addominali, accompagnati da febbre alta, mal di testa e altri sintomi che sarebbero stati riscontrati sul macedone. In quel periodo (stiamo parlando del 323 a.C.) questa patologia era molto diffusa e in alcuni casi poteva anche degenerare nella Sindrome di Guillain-Barrè, definita come neuropatia assonale motoria che può comportare anche una totale paralisi. Attualmente viene considerata come una malattia rara che si abbatte su 1-2 pazienti ogni centomila ma che, al contempo, rappresenta la principale causa di paralisi completa al di là di fattori traumatici.
La professoressa Hall ha rivelato che questa sindrome non solo inibisce la parola e impedisce di camminare, ma in alcune circostanze riduce sensibilmente anche la capacità respiratoria dell’ammalato e, di conseguenza, spesso le pupille restano bloccate, dando l’impressione che sia morto. Naturalmente, facendo un enorme passo indietro all’epoca di Alessandro Magno, i medici non avevano ancora le conoscenze né gli strumenti adatti per fare una diagnosi di questo tipo, e per tale ragione avrebbero decretato involontariamente in anticipo il decesso del re macedone. In merito alla decomposizione che tardava a manifestarsi sul cadavere, questa venne interpretata come un segno della natura “divina” di Alessandro, la cui macchina propagandistica non disdegnò mai di sottolinearne la discendenza da eroi mitici e leggendari come Eracle e Achille. I risultati della ricerca della studiosa canadese sono stati pubblicati sulla rivista storica The Ancient History Bulletin.
Patrizia Gallina