Valentino Rossi trionfa nel Gran Premio di Argentina e sale sul podio indossando la maglietta di Diego Armando Maradona. Sport diversi, ma stesso talento cristallino: due campioni che difficilmente potranno essere eguagliati nel tempo. Il pesarese, nove volte iridato, a 36 anni è ancora capace di stupire e trionfare in Moto GP. Che dire dell’argentino: semplicemente il calciatore più forte di tutti i tempi. Tuttavia, non è solo la gloria ad accomunare i due sportivi. Entrambi, infatti, sono stati coinvolti in processi giudiziari per frode fiscale. Coinvolti e poi condannati. Numeri uno in campo e in pista, evasori fuori: qual è l’immagine sociale di Valentino Rossi e Diego Maradona? L’opinione pubblica è orientata ad esaltare i loro successi, ad immedesimarsi e a festeggiare le loro vittorie. Sicuramente è necessario scindere le due dimensioni: la vita sportiva da quella privata. Tuttavia, è giusto giudicare una persona esclusivamente sulla base della “gloria sportiva” e non per il suo senso etico? Il successo può prevalere sulla giustizia sociale? Non credo si tratti di moralismo, ma di un modo per riflettere e porci interrogativi sulla nostra identità: una domanda aperta, senza alcuna pretesa di soluzione assoluta.“Le passioni umane si fermano solo dinanzi ad una potenza morale che rispettino”, scriveva il sociologo francese Emile Durkheim. Nella nostra società, questa potenza morale sembra aver perso vigore: l’opinione pubblica di massa esalta i trionfi di Valentino Rossi: un modello, il simbolo di un’intera nazione. E i pochi che ricordano il passato giudiziario del talento pesarese vengono etichettati come “moralisti”. Poi si volta pagina: verso una nuova vittoria, un nuovo titolo sui giornali, altre immagini di festa e di esaltazione collettiva. Il successo e la creazione di un immaginario popolare rischiano di accecare ogni riflessione etica.
Il 3 agosto 2007 l’Agenzia delle Entrate contesta a Rossi compensi non dichiarati per 58.950.311 euro; considerando Irpef, Irap e Iva, l’evasione fiscale è pari a 43,7 milioni di euro. Il fisco chiede anche il pagamento delle sanzioni e degli interessi, per un totale complessivo di 112 milioni di euro. Valentino Rossi si difende: avrebbe pagato tutte le imposte dovute nel Regno Unito, dove effettivamente è residente. Nel febbraio del 2008 Rossi ha raggiunto un accordo con l’Agenzia delle Entrate patteggiando il pagamento di 35 milioni di euro. Tutto in regola, quindi, non era. Inoltre, per eliminare le sue pendenze nei confronti della magistratura, nel maggio del 2009 Rossi chiede alla Procura di Pesaro un patteggiamento a sei mesi di reclusione: tuttavia, non sconterà mai tale pena. Il talento sportivo non viene messo in discussione, ma siamo così sicuri di sentirci rappresentati da Valentino Rossi? Una domanda ancora più provocatoria: se Valentino Rossi fosse stato un politico, quale sarebbe stata la reazione dell’opinione pubblica italiana? “Un ladro, fuori dal Parlamento”. E’ il vortice dell’opinione pubblica: un uomo di successo truffa lo Stato, rubando i soldi ai cittadini che continuano ad acclamare quello stesso uomo. Sempre più giù, verso il baratro, nell’assuefazione a un mondo in cui il successo cancella tutte le macchie. Tutti felici, tutti sul carro del vincitore, tutti nel vortice mediatico.