Pompei continua a restituire testimonianze drammatiche, ma quantomai fondamentali per ricostruire con sempre maggior precisione le ultime ore della città antica, distrutta dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. In questi giorni, infatti, nella casa in cui di recente è stata rinvenuta l’iscrizione che sposterebbe da agosto a ottobre la data del cataclisma, sono stati rinvenuti ben cinque scheletri, che dovrebbero essere appartenuti a due donne e tre bambini.
Gli studiosi ritengono che, probabilmente, si tratta di persone che avevano cercato riparo dalla pioggia di lapilli proveniente dal vulcano, barricandosi in una camera da letto. Massimo Osanna, direttore degli scavi, intervistato dal programma “La Vita in Diretta”, ha affermato che si è trattato di un ritrovamento certamente “scioccante”, ma allo stesso tempo di primaria importanza per approfondire ulteriormente gli studi sulla distruzione di Pompei nel 79 d.C. I resti sono stati individuati e riportati alla luce nella cosiddetta “casa del giardino”, ovvero l’edificio nel quale, pochi giorni fa, è stata trovata l’iscrizione a carboncino che procrastinerebbe la datazione dell’eruzione da agosto a ottobre. In quel periodo, presso l’abitazione si stavano effettuando probabilmente dei lavori di ristrutturazione ma, nonostante ciò, era ancora abitata. Dunque è più che plausibile che alcuni dei residenti, nel momento in cui la loro dimora è stata invasa dai lapilli, abbiano cercato riparo nelle stanze, non trovando tuttavia scampo perché uccisi dai fumi o dal crollo del tetto.
Osanna ha spiegato che, in base alle prime ricostruzioni degli archeologi, le cinque persone di cui sono stati ritrovati gli scheletri, si erano chiuse in quella camera da letto sperando si salvarsi, bloccando anche la porta con un mobile, le cui tracce sono state rinvenute dagli esperti che immediatamente ne hanno fatto anche il calco. Purtroppo, però, i loro sforzi sono stati vani, perché non gli hanno evitato di andare incontro ad una drammatica fine. Infatti, stando a quanto affermato dal direttore degli scavi archeologici, potrebbero essere rimasti schiacciati dal crollo del tetto, oppure bruciati dalla nube piroplastica che non ha affatto risparmiato quell’area della “casa del giardino”. Questi dettagli potranno essere più chiari in seguito alle analisi e agli esami degli esperti. Intanto, dai lavori della Regio V di Pompei sono emerse anche altre informazioni che farebbero riferimento ad una pratica ben poco edificante.
La scoperta di una moneta di Filippo d’Asburgo risalente agli anni ’30 del Seicento, rappresenta una testimonianza incontrovertibile di come siano stati effettuati degli scavi illeciti ben prima che, nel 1748, iniziassero quelli ufficiali. Massimo Osanna li ha definiti “un saccheggio”, non avendo alcuna finalità storico-culturale, ma solo quella di impadronirsi degli oggetti di valore presenti nei resti della cittadina campana. Proprio per questo motivo, gli sciacalli non avrebbero avuto alcuna cura dei resti delle vittime dell’eruzione del 79 d.C., calpestandone e rimuovendone gli scheletri senza alcuna remora. I tombaroli avrebbero scavato un tunnel nella cenere solidificata che li avrebbe portati all’interno della camera, dalla quale avrebbero portato via tutti i materiali preziosi, lasciando sui corpi soltanto due collanine in pasta vitrea.
Il dottor Osanna ha rivelato che, per fortuna, questo scempio non è arrivato fino ai pressi della porta della camera, dove infatti gli scheletri sono stati ritrovati intatti: una donna presenta il cranio schiacciato probabilmente da una delle tegole del tetto crollato, mentre al suo fianco sono stati scoperti un braccio e delle gambe di un’altra vittima, e poi una mano che dovrebbe appartenere ad un’ulteriore persona. Il direttore degli scavi di Pompei ha infine parlato di “un ritrovamento di straordinario interesse” perché farà maggior luce sui dettagli dell’eruzione, ma anche sul dramma vissuto dai cittadini in quelle ultime, terribili ore delle loro vite.
Patrizia Gallina