Italiano inventa macchina che vede i tumori, l’Italia lo abbandona

vedruccio

Il professor Clarbruno Vedruccio, 54 anni, laureato in fisica e in ingegneria elettronica negli Stati Uniti, già collaboratore dell’Istituto di fisica dell’atmosfera del Cnr a Bologna e docente di metodologia della ricerca all’Università di Urbino, è l’uomo che con la sua scoperta avrebbe potuto davvero rivoluzionare il mondo della medicina. Un luminare che probabilmente all’estero avrebbe trovato appoggio, premi e fiducia, ma che in Italia viene preso per uno “stregone”. La sua clamorosa invenzione, un bioscanner chiamato Timprob, è uno strumento rivoluzionario, poco ingombrante, portatile, che si può usare ovunque e che non necessita di mezzi di contrasto radioattivi, lastre fotografiche o altro materiale di consumo. Un tubo lungo 30 centimetri che permette di scoprire i tumori non appena cominciano a formarsi. Un esame che dura appena 2-3 minuti, non è invasivo, non provoca dolore o disagi al paziente, e fornisce immediatamente la risposta; in poche parole un test innocuo. Un’apparecchiatura che si compra, anzi si comprava, con 43.000 euro più Iva, contro i 3-4 milioni di euro di una macchina per la risonanza magnetica, i 2 milioni di una Pet e il milione e mezzo di una Tac, tutte e tre con costi di gestione elevatissimi. Una macchina appunto quasi perfetta che però per qualche oscuro motivo è stata bandita, quasi come se qualcuno ne avesse paura. La Galileo Avionica, società del colosso Finmeccanica, ha annunciato la chiusura della Trim Probe Spa, l’azienda che lo produceva e lo commercializzava, messa in liquidazione in quanto ritenuta non più strategica nell’ambito di un gruppo internazionale specializzato nei mezzi di difesa militare. Eppure questo strumento, secondo i più esperti, funziona davvero. Vedruccio è arrivato al bioscanner per puro caso, mentre stava fornendo tecnologia militare avanzata ad alcuni reparti d’élite delle nostre forze armate. Durante tali studi si accorse che per puro caso aveva appena provato in vivo ciò che gli scienziati Hugo Fricke e Sterne Morse intuirono e descrissero nel 1926 su Cancer Research e cioè che i tessuti sani hanno una capacità elettrica più bassa, quelli infiammati più elevata, quelli oncologici ancora maggiore. In pratica il bioscanner inventato da Vedruccio consente di fare una specie di biopsia elettromagnetica, quindi incruenta, dei tessuti biologici, grazie a tre frequenze in banda Uhf, intorno ai 460, ai 920 e ai 1350 megahertz. In tal modo possono essere riconosciuti tutti i tumori, ad eccezione delle leucemie. In alcuni controlli è arrivato pure a visualizzare tumori al seno con due anni di anticipo sull’ecografia e sulla mammografia. Il bioscanner ha l’omologazione dell’Istituto superiore di sanità, che ne ha attestato la non nocività. Utilizza infatti una potenza 100 volte inferiore a quella dei cellulari. Esiste come sempre un margine d’errore dovuto però ad una eventuale imperizia di chi esegue l’esame; in ogni caso le percentuali di precisione diagnostica vanno dal 72 al 100%. Tale strumento è presente all’estero, in particolare in Giappone, Brasile, Malesia, Turchia, Iran, Regno Unito, Francia e Belgio. In Italia, invece, viene utilizzato solo in 50 degli oltre 2000 ospedali presenti. Da quando poi la Galileo Avionica l’ha tolto dal mercato, Vedruccio è costretto a pagare le spese per il mantenimento del brevetto internazionale dalla Cina al Sudafrica, dall’India al Canada. Una storia davvero particolare, dal momento che non si capisce come faccia l’Italia a non sfruttare l’invenzione così rivoluzionaria di un italiano.

 

 

 

 

 

 

 

Fonte: il Giornale