Nymphomaniac Vol. I & II : von Trier e le ossessioni

 

 

 

 

Nymphomaniac

 

Lars von Trier è arrivato nelle sale italiane il 3 Aprile con “Nymphomaniac Vol. I” e successivamente il 24 Aprile con “Nymphomaniac Vol. II”. Le due proiezioni durano in tutto 3 ore e 50 minuti, divisi in 1 ora e 50 minuti il Vol. I ed in 2 ore il Vol. II, ma si parla già di una full version di 5 ore e 30 minuti che racchiuda entrambe le pellicole. “Nymphomaniac” è un insieme di 2 volumi, due film, divisi a loro volta in 8 capitoli: una scelta registica che contraddistingue il contemporaneo regista danese, che come altri pari o colleghi ha scelto di dividere la storia narrata in capitoli con titoli annessi. Nel dettaglio il Vol. I è diviso in 5 capitoli, il Vol. II in 3.

 

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Le riprese di  “Nymphomaniac” sono partite nel 2012, in Germania ed in Belgio, per un lavoro che è la fine della trilogia “depressione”, il cui primo lavoro è stato “Antichrist”, mentre il secondo è “Melancholia”. Per quanto difficile, affascinante, senza senso e presuntuoso sia il giudizio di un film di von Trier, tra i lavori  della trilogia  “Melancholia” è ritenuto il più riuscito, seguito da “Nymphomaniac” ed in posizione defilata “Antichrist”. Immancabile, come nei primi due lavori, l’eccezionale Charlotte Gainsbourg, che con “Antichrist” ha ottenuto il Premio di Miglior Attrice al Festival di Cannes, ritenuta un’ interprete eccezionale e “perfettamente innaturale”.

A tal proposito, la scelta registica di dividere il film in capitoli e di proporre, nei primi sei, la protagonista Joe da giovane (interpretata da Stacy Martin) e negli ultimi due capitoli una Joe più “adulta” (impersonata da Charlotte Gainsbourg) che per tutto il film narra le proprie esperienze e rimane fissa in una camera meravigliosamente spoglia, è geniale ripensando che l’associazione di pensiero che ne nasce è di non “conoscenza” del soggetto femminile narrato, mentre presente e comprensibile è il protagonista maschile, Seligman, interpretato da Stellan Skarsgard, “confessore” del racconto di Joe.

 

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Altri nomi illustri presenti nel cast di  “Nymphomaniac” sono Uma Thurman (Mrs.H) e Shia LaBeouf (Jerome). La scelta di sceneggiatura (von Trier) e narrativa di identificare i personaggi con semplici “lettere” alfabetiche è sintomo della poca importanza data alla definizione verbale della storia, ma una storia – si badi – priva di metafore o morali esplicite, ma densa di colpi di scena e successioni di azioni compiute dai protagonisti. In un racconto di 4 ore circa la figura della protagonista (questa è una semplificazione) è messa al centro della storia priva di ogni pudore, mentre le varie figure maschili sono tutto sommato giustificate nel loro operato (misoginia del regista danese), non fosse altro per la figura di Seligman che, a differenza di Joe, è uomo puro sotto il profilo sessuale.

Dal punto di vista fotografico “Nymphomaniac” non ha nulla da invidiare a tante opere considerate importanti per girato e fotografia. Ma se fin qui va tutto bene, è difficile per gli addetti ai lavori considerare superlativo un prodotto di cui si apprezza il contenuto fotografico, la scelta delle interpretazioni e delle stesse in ogni singolo, la storia e la consequenzialità della narrazione, ma non forse il tralasciare, da parte del regista, l’aspetto puramente morale del film. A tal proposito, nelle prime battute Joe dice a Siligman che gli racconterà una lunga storia con una morale, una morale che tuttavia non si riesce a trovare nella pellicola, forse proprio per la mancanza di metafore in sé. Se von Trier, quindi, vuol raccontare la perversione abbinata all’assenza di pudore e l’ossessione di una donna che può rappresentare uno spaccato di mondo, nasce qui una contraddizione intrinseca, ovvero che per trasmetterci questo messaggio, che è il più immediato riscontrabile, sarebbero stati forse più appetibili altri modi e scelte narrative diverse per portarci ad una riflessione sul tema.

Quel che però è certo è che la scelta di fatti didascalici della storia raccontata, raccontati e girati così bene, hanno il merito di tenere lo spettatore incollato allo schermo; senza nasconderci dietro un dito e comprendendo che la tematica affrontata, il sesso, per ovvio è un tema che di per se ha la capacità di coinvolgere gran parte dell’immaginazione e della curiosità del pubblico. Risulta elegante, in questo senso, la contrapposizione del tema trattato dal racconto di Joe e la personalità di Siligman che risulta essere aliena al contesto, tutto ciò rimesso in discussione e con carte mischiate nella scena finale che ribalta alcune certezze della narrazione. Lascia stupefatti davanti allo schermo, in “Nymphomaniac”, la capacità di von Trier di non arrivare ad una conclusione,  la volontà di non sbilanciarsi ma di lasciare libero lo spettatore di guardare, farsi una propria idea, per poi giudicare eventualmente o schierarsi dall’una o dall’altra parte o parti. L’ opera “Nymphomaniac”, a prescindere da ogni considerazione risulta essere, come ogni opera di von Trier, un lavoro svolto a regola d’arte.