Un dramma della crisi è andato in scena ieri a Ravenna. Uno sfratto ha colpito una famiglia composta da marito (invalido), moglie e due bambini (di cui uno disabile). La prassi in questi casi prevede che possano trovare sistemazione in albergo a spese dell’Asp solo le donne e i bambini dalle 20 di sera alle 8 del mattino. La famiglia in questione si rifiutava di lasciare l’appartamento senza la garanzia, che sarebbe potuto essere ospitato in hotel anche il padre e il gatto, considerato dalla burocrazia, membro aggiuntivo della famiglia, e senza limitazioni di orario.
Ieri l’assistente sociale che accompagnava l’ufficiale giudiziario, al terzo tentativo di convincere la famiglia a lasciare l’appartamento del quale non riusciva a pagare l’affitto da due anni, aveva garantito che la famiglia non sarebbe stata divisa. L’assistente aveva garantito, in una conversazione che sarebbe stata registrata da attivisti dello sportello antisfratto locale,che l’albergo avrebbe ospitato l’intero nucleo famigliare gratuitamente senza vincoli di orario.
In realtà, raccontano gli attivisti “non hanno fatto entrare in albergo né padre, né il gatto il quale ha trovato sistemazione a casa del padre di un bambino compagno di scuola del figlio. Ma naturalmente non potrà restare a casa di una persona quasi sconosciuta per molti giorni”.
Nonostante quello che raccontano i media la crisi c’è e colpisce duro, spargendo disperazione nell’indifferenza di una classe politica incapace e un sistema mediatico prono ai desiderata del potere, che ha dato l’input di non disturbare il popolo bue con storie di ordinaria miseria in questa sgangherata Italia del ventunesimo secolo.