Boom di disoccupati. Siamo arrivati al 13,06 % complessivo e al 43,3 % per gli under 25. Nel primo trimestre del 2014 il numero delle persone disoccupate sfiora i 3,5 milioni, salendo precisamente a 3 milioni e 487 mila (in aumento di 212 mila su base annua). L’Istat certifica con cifre drammatiche, l’emergenza lavoro che affligge il nostro paese. Si tratta di un record storico raggiunto grazie ad una crisi devastante creata da una molteplicità di fattori.
La crisi finanziaria: finito il periodo d’accumulazione manifatturiero a ridosso degli anni ottanta del secolo scorso, il capitalismo si è progressivamente finanziarizzato. L’accumulazione doveva avvenire facendo soldi con i soldi, saltando il passaggio produttivo. Con la compiacenza e la complicità della classe politica, si sono progressivamente liberalizzati i movimenti di capitale nel mondo intero ed è sparita la separazione tra banche d’affari e banche commerciali. La caduta del muro di Berlino e la fine della guerra fredda hanno favorito l’internazionalizzazione del processo. Il pensiero unico del neoliberalismo è stato divulgato e affermato in ogni ambito egemonizzando le università e gli apparati culturali. L’ideologia di fondo prevede fondamentalmente questo: l’uomo è improntato al successo e all’arricchimento individualistico e narcisistico, è l’unico responsabile della sua vita e le condizioni che ne determinano la posizione sociale dipendono esclusivamente da lui. L’uomo agisce in maniera razionale sempre per il proprio interesse, i mercati sono per loro natura efficienti, l’intervento dello stato determina distorsioni nei meccanismi economici, meno ce ne meglio si sta. Il suo compito deve confinarsi nella gestione della difesa, delle tasse e alla distribuzione di servizi per i più poveri, il resto del Welfare deve essere lasciato al mercato.
ll fallimento di questa ideologia è sotto gli occhi di tutti: la finanza ha distrutto l’economia reale, il mercato è tutt’altro che efficiente, l’uomo non è spinto solo da interessi economici, ma è un essere portato all’altruismo e alla socialità, lo stato è indispensabile per operare una più equa redistribuzione, i servizi sociali lasciati al mercato creano disastri e tragedie, il capitalismo finanziario è un sistema che crea profonde diseguaglianze, corrotto e rapace, non rispetta la natura e ha nei confronti dell’ambiente un atteggiamento predatorio. Coloro che, poi professavano la minore ingerenza possibile dello stato sono stati salvati da un massiccio intervento di risorse pubbliche che ha determinato la più colossale, nella storia, privatizzazione dei profitti e socializzazione delle perdite.
Tutto questo ha travolto e messo in secondo piano il valore del lavoro. Nella storia la trasformazione della materia per la soddisfazione dei bisogni primari ha costituito la principale molla evolutiva dell’umanità. In questo processo l’uomo trasforma, ma viene trasformato e si evolve in un processo continuo. La potente organizzazione economica di natura capitalistica affermatasi a partire dal settecento, in Inghilterra con la rivoluzione industriale, ha dato vita ad un sistema pieno di contraddizioni. Gli studi di Marx e di altri numerosi pensatori dell’epoca hanno dato vita al movimento operaio e all’ottenimento d’importanti conquiste sociali : le otto ore lavorative, la pensione, la maternità, l’equità salariale, ambienti di lavoro salubri, la tutela della malattia e degli infortuni, la sicurezza nel lavoro, un’organizzazione produttiva coinvolgente e maggiormente creativa per l’operaio fino alla compartecipazione all’andamento aziendale. Diritti strappati molte volte con il sangue e lotte feroci con il padronato. Diritti estesi a tutti i settori dell’economia.
Ora, questo è stato messo in discussione attraverso diversi meccanismi del capitalismo finanziario: un’organizzazione orizzontale dei processi produttivi e non più verticale; la proprietà delle aziende in mano ai fondi speculativi che spremono per avere ritorni a due cifre del capitale investito; la globalizzazione che ha messo in concorrenza i lavoratori dei paesi con tutele conquistate in anni di lotte con quelli in cui praticamente sono inesistenti e producono con una bassissima incidenza del costo del lavoro per unità di prodotto; le fusioni e le acquisizioni dei grandi gruppi fatte al solo scopo di sottrarre mercato ai concorrenti con la conseguente espulsione di migliaia di lavoratori; la tendenza intrinseca del capitalismo ad espellere manodopera per sostituirla con le macchine al fine di abbassare l’incidenza del costo dei fattori produttivi; un sindacato sempre più prono ai meccanismi di mercato e incline ad assecondare le politiche padronali; un sistema che tende ad entrare in sovra capacità produttiva; l’assenza di politiche economiche in grado di dare un senso e un indirizzo al sistema, una concorrenza sempre più feroce che costringe ad abbassare sempre di più i costi.
La finanza si è poi incaricata di devastare tutti gli attivi dei gruppi bancari attraverso la costruzione di montagne di denaro virtuale al solo scopo di fare soldi dal nulla, facendo fallire il sistema salvato con i soldi dei contribuenti, e togliendo ossigeno al sistema economico che ha subito cominciato ad espellere manodopera e a ridurre fortemente la propria capacità produttiva. La mancanza di reddito per vasti strati della popolazione ha contribuito ulteriormente ad una contrazione dei consumi in una spirale perversa e senza fine. L’Italia si trova poi, ingabbiata in assurdi parametri econometrici (vedi rapporto deficit/pil) imposti da una miope e anti democratica troika europea che strangola ogni margine di manovra e a cui va aggiunto un euro forte che impedisce al sistema gli aggiustamenti esterni con le svalutazioni competitive della moneta. A tutti questi fattori aggiungiamoci il ritardo economico e sociale in cui vive il nostro sud Italia, in cui è concentrato il grosso della disoccupazione, e all’assenza ventennale di una politica economica, il quadro è completo.
Ora, il governo Renzi vorrebbe ammorbidire i parametri europei per avere maggiori margini di manovra, sbloccare centinaia di cantieri fermi e pagare i debiti che la pubblica amministrazione ha con le imprese tutto per favorire la ripresa della macchina produttiva e abbassare il tasso di disoccupazione. Sono iniziative condivisibile che vanno attuate rapidamente. La disoccupazione è un dramma sociale molto grave, fonte di tragedie ed esclusione sociale. Deprezza l’individuo, lo fa sentire solo e fallito, genera infelicità e distruzione dei legami familiari. L’Italia è ormai ferma da dieci anni e se non si da una vera scossa al sistema rilanciando l’economia indirizzandola verso produzioni compatibili con l’ambiente e l’organizzazione umana del lavoro, spezzando il legame con un Europa sorda e lontana, nulla cambierà e aspetteremo le prossime cifre drammatiche e un paese che rotola sempre più verso il basso.