Ilaria Alpi, la ricerca della verità e la disfatta della giustizia

La giornalista Ilaria Alpi

 

“Un giornalista è un brontolone, un censore, un consigliere dei sovrani, un tutore delle Nazioni; e quattro giornali ostili son più da temere di mille baionette”. Non ci sono parole più azzardate, ed insieme calzanti, per definire il mestiere del reporter di quelle riportate da questo noto detto popolare. Il mestiere del giornalismo ha molto a che vedere con la ricerca della verità: quella cruda, quella scomoda, quella per cui si può venire feriti, minacciati nell’ intimo, per la quale si può anche, purtroppo, morire.
Lo sanno bene Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, le cui vite sono state spezzate quel maledetto 20 marzo di 21 anni fa. Correva l’ anno 1994 quando Ilaria e Miran, inviati Rai a Mogadiscio per documentare la terribile guerra civile somala, trovarono la morte per mano di un uomo (o di un gruppo di persone?) che aveva evidentemente riconosciuto nella coppia di giornalisti italiani un vero e proprio pericolo. Ilaria Alpi e Miran Hrovatin pare avessero tra le mani uno scoop eccezionale. I due avrebbero scoperto dei loschi traffici di rifiuti tossici ed armi in cambio di tangenti, traffici nei quali pare fossero coinvolti persino alcuni membri delle istituzioni e dell’ Esercito italiani. Uno scandalo di proporzioni gigantesche, la cui esistenza sarebbe stata comprovata da interviste, riprese, materiale cartaceo: elementi di prova misteriosamente spariti dopo l’ esecuzione della condanna a morte dei due reporter, ammazzati a sangue freddo da alcuni colpi di kalashnikov quella maledetta vigilia di primavera del 1994. 

Il supertestimone del caso Ilaria Alpi intervistato dalla troupe di Chi l'ha Visto