Pancreas in pillole: la nuova cura che sconfigge il diabete

Pancreas

 

San Diego – La nuova arma per sconfiggere il diabete potrebbe essere piccola come… una pillola. La rivoluzionaria scoperta, che potrebbe aprire le porte ad una possibilità concreta di guarire da questo temibile male arriva dalla calda California. Una piccola compagnia con sede a San Diego, la ViaCyte, è riuscita a “ricreare” il pancreas in pillole attraverso lavorazione di cellule staminali embrionali. Il pancreas “tascabile”, ottenuto attraverso cellule parzialmente mature dell’ organo stesso ricoperte da una membrana protettiva (che permette, comunque, il rilascio nel corpo di sostanze utili a contrastare il diabete), sarebbe stato testato già su tre pazienti residenti a San Diego, con risultati più che incoraggianti.
“Non sappiamo bene quanto duri l’ effetto di una singola pillola – ha ammesso il Capo scienziato responsabile della ricerca sul pancreas in pillole Kevin D’Amour – Ma prevediamo una serie di impianti periodici. Il test che stiamo conducendo è essenzialmente di sicurezza, ma penso che vedremo qualche beneficio per la salute dei pazienti” . Le persone sottoposte a questo impianto di pancreas in pillole – si tratta di un dispositivo più piccolo di una comune caramella – hanno sinora risposto bene alla terapia. La ricerca, però, non si ferma. In cantiere, infatti, vi sarebbero altri due importanti studi sul pancreas in pillole, condotte rispettivamente da una multinazionale statunitense – la Johnson & Johnson – e da un esclusivo gruppo di ricerca che fa capo ad un noto biologo dell’ Università di Harvard. Una delle due compagnie, in particolare, avrebbe compiuto un ulteriore passo in avanti nella ricerca della cura contro il diabete: si tratterebbe sempre di un pancreas in pillole, ma generato dalla lavorazione di cellule più mature delle precedenti estratte dall’ organo e racchiuse in una capsula di polietilene. I primi test, effettuati su topi, avrebbero dato risultati soddisfacenti: potrebbe essere imminente la sperimentazione su pazienti umani. Se la validità della cura sarà confermata, la medicina statunitense potrebbe aver compiuto un notevole salto in avanti nella cura definitiva di una delle patologie più diffuse del XXI Secolo. 

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