Frequentare scuola grazie ad un robot: la storia di Peyton

Peyton

Maryland – Si chiama Peyton Walton, ha 10 anni ed è diventata suo malgrado la protagonista indiscussa di una storia che mostra come l’avvento della tecnologia non sia sempre un cattivo presagio. Dimenticate “Metropolis” di Fritz Lang o qualsivoglia filone filmico fantascientifico nel quale i robot prendono possesso dell’uomo, sottomettendo l’intero genere imperfetto, ma pensante, che li ha generati: la piccola Peyton deve proprio ad una macchina la possibilità, più unica che rara, di poter frequentare la scuola, nonostante tutto.

Una dura battaglia attende la piccola Peyton, che dovrà ricoverarsi per ben cinque settimane presso il Memorial Sloan Cancer Center di New York a causa di un tumore. Le terapie ed il ricovero non permetteranno alla bimba di poter frequentare fisicamente le lezioni presso la Poolesville Elementary School, né di poter interagire con i maestri ed i suoi compagnetti di scuola. Una limitazione significativa per la piccola Peyton, che i suoi amici hanno deciso di superare, raccogliendo l’importante cifra di 3 mila dollari per commissionare alla compagnia Double Robotics la costruzione di un robot “su misura” per lei.

Il “Peyton’s Awesome Virtual Self” – così è stato ribattezzato il macchinario dalla bimba – altro non è che un “avatar” di Peyton stessa, manovrato dalla bimba a distanza e dotato di un iPad, montato su un supporto a rotelle, che consente alla bimba di ascoltare le lezioni e di intervenire, come se fosse una lunga e divertente videochiamata. La diretta interessata ne è entusiasta, così come i suoi genitori. “Non è complicato – racconta Peyton alla stampa americana – Devo solo riuscire a non andare a sbattere contro i muri!”.

Felice dell’iniziativa finanziata dai compagni di Peyton anche la mamma della bambina, Lynn Schaber. “Si tratta di tecnologia – premette la madre di Peyton – A quale bambina di 10 anni non interessa? Così, però, ha il controllo quotidiano della sue attività a scuola. Il cancro le avebbe portato via questa gioia, isolandola, ma grazie al robot siamo riuscite ad aggirarlo e continuare una vita più normale possibile“.