Il caso Regeni continua a minare i rapporti diplomatici tra Italia ed Egitto.
La storia del ricercatore italiano 28enne, scomparso a Il Cairo il 25 gennaio scorso, è nota: il giovane è stato ritrovato il 3 febbraio, privo di vita, all’interno di un burrone. Sul suo corpo, i segni inconfondibili di torture e percosse.
Da allora, le ipotesi su quanto possa esser avvenuto si succedono senza sosta, tra smentite e conferme parziali. Proprio nel tentativo di ricostruire la verità, il prossimo 6 aprile, a Roma, si terrà un vertice con gli inquirenti egiziani che si dicono nuovamente pronti a collaborare con le indagini.
Non è la prima volta, in questi giorni, in cui si cita il vertice in questione, previsto inizialmente per il 5 aprile. In tale occasione, secondo quanto annunciato da fonti della sicurezza egiziana, gli inquirenti nordafricani consegneranno al Procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, un dossier redatto dal Ministero dell’Interno egiziano.
All’interno del fascicolo, sarebbero contenute informazioni dettagliate su Regeni fin dal suo arrivo in Egitto, sui suoi incontri con operai e responsabili sindacali, sui suoi movimenti nei giorni in cui si trovava a il Cairo. Documenti e fotografie raccolte dai servizi segreti locali, che, dunque, lo seguivano, per motivi ancora ignoti e che continuano a sollevare più interrogativi che risposte.
Non soltanto, però: secondo quanto si apprende, all’interno del dossier vi sarebbero “tutti i dettagli della morte degli elementi della banda presso la quale sono stati ritrovati gli effetti personali di Regeni, importanti informazioni su questa banda e sui suoi crimini, come la rapina ai danni dell’italiano ‘Davide’ alcuni mesi fa al Cairo”.
Poche settimane fa, infatti, il governo egiziano aveva reso noto di aver neutralizzato cinque malviventi facenti parte di una banda che si sarebbe specializzata nel rapimento di stranieri. L’Egitto aveva confermato che i membri del gruppo avrebbero potuto aver avuto un ruolo nell’omicidio di Regeni. Due giorni fa, poi, la retromarcia del governo: il viceministro aggiunto dell’Interno, Abou Bakr Abdel Karim, ha smentito le informazioni precedentemente emerse, specificando che “la ricerca delle persone coinvolte nella sua uccisione è ancora in corso”.
I misteri, dunque, continuano a essere tanti e pesano sulle spalle della società civile e, soprattutto, dei genitori di Regeni; gli stessi che, in una conferenza stampa al Senato, hanno ricordato come il loro figlio fosse in condizioni pietose, massacrato e torturato: “Era un viso diventato piccolo piccolo, non vi dico che cosa hanno fatto a quel viso… Su quel viso ho visto il male, tutto il male del mondo si è riversato su lui, l’unica cosa che ho ritrovato di lui è stata la punta del suo naso”, hadichiarato la madre, invocando giustizia.
La medesima giustizia che invoca oggi il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, durante l’informativa al Senato: “Ci fermeremo solo quando troveremo la verità, quella vera e non di comodo”, ha tuonato il titolare della Farnesina, minacciando “misure appropriate e proporzionate” qualora l’Egitto non si decida a collaborare davvero. “E’ per la ragione di Stato che non ci rassegneremo all’oblio di questa vicenda e non permetteremo che sia calpestata la dignità del nostro Paese”, ha concluso.