Negli ultimi quattro anni erano stati messi a disposizione 1,5 miliardi di fondi dall’Unione Europea, per il progetto Garanzia giovani, un piano che avrebbe dovuto favorire il loro ingresso nel mondo del lavoro. Tuttavia i risultati non si vedono affatto, in quanto secondo gli ultimi dati Istat, sembrerebbe che tra il secondo e il terzo trimestre del 2017, i giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni, che non hanno studiato, non lavorano o seguono alcun percorso formativo sono aumentati di 205 mila unità. Trattasi del 25,5% degli italiani appartenenti a quella fascia di età. Questi numeri contrastano nettamente con la media europea che si aggira intorno al 14,2%.
Non è stato dunque registrato alcun miglioramento attribuibile al progetto Garanzia giovani, ma anzi, sembrerebbe che nel maggio 2014 (periodo in cui è stata attivata la sperimentazione del progetto) il numero di giovani inattivi era intorno ai 1,29 milioni, contro i 1,44 milioni attuali. Questo è probabilmente dovuto al fatto che il tasso di inserimento lavorativo, avvenuto a seguito di un tirocinio era lo scorso giugno del 26,7%. Dei ragazzi che avevano concluso un percorso con Garanzia giovani meno del 46% risultava occupato.
Molti datori di lavoro utilizzano i tirocini per mascherare delle mansioni lavorative svolte a 360 gradi. Spesso invece di training che potrebbero durare una settimana o un mese, svolti al fine di inserire il lavoratore all’interno dell’apparato, si condannano i poveretti a semestri o anni di tirocinio, dove questi ragazzi però svolgono pienamente la mansione e percepiscono se va bene 500 euro al mese, contro il doppio o più, percepito da altri dipendenti che magari svolgono mansioni equivalenti ma che hanno avuto la fortuna di essere nati e assunti in un’altra “epoca”. Quando si è finito di sfruttare il tirocinante, invece di premiarlo con l’assunzione si manda via e si ricomincia il giochino con uno nuovo.