In queste ultime ore, il nome di Daniil Kvyat è tornato alla ribalta in Formula 1. Dopo l’infelice conclusione del suo rapporto con la Red Bull (retrocesso nel 2016 dal team titolare per far posto a Max Verstappen, e appiedato nel 2017 dalla Toro Rosso), la carriera del pilota russo nel Circus sembrava decisamente compromessa, soprattutto dopo essere stato scartato anche dalla Williams che non l’ha voluto nemmeno come terzo driver. E così, dopo essersi proposto alla Ferrari, a Maranello hanno riflettuto bene e a lungo, e alla fine hanno deciso di ingaggiare il 23enne di Ufa come sviluppatore. Dunque Kvyat non farà parte né della coppia di piloti titolari (confermati Vettel e Raikkonen) e non sarà nemmeno il terzo pilota che resta Antonio Giovinazzi: l’ex Toro Rosso, infatti, lavorerà prevalentemente allo sviluppo, collaborando così all’ulteriore crescita delle monoposto del “cavallino rampante”, chiamate nella stagione 2018 a spodestare Mercedes dal trono costruttori e piloti.
Probabilmente, di primo acchito, la scelta della Ferrari di puntare su Daniil Kvyat può essere sembrata di basso profilo rispetto agli obiettivi della scuderia italiana: nonostante due podi conquistati, il giovane russo, accolto inizialmente dall’universo Red Bull come nuovo astro nascente della Formula 1, è stato bruscamente messo da parte, perché considerato da Helmut Marko troppo sensibile alle pressioni e, di conseguenza, piuttosto debole sotto l’aspetto mentale. Nonostante ciò, il “cavallino rampante” ha comunque deciso di avvalersi dell’esperienza accumulata in questi anni dal driver 23enne, accogliendolo nel team come nuovo titolare del cosiddetto “ragno”, ovvero il simulatore di Maranello. E a ben guardare, questa decisione col senno di poi potrebbe risultare vantaggiosa per l’azienda italiana.
Infatti, se proprio vogliamo dare per buona la presunta eccessiva emotività di Kvyat e la sua mancanza di solidità sotto l’aspetto mentale nell’approccio ai Gran Premi, bisogna pur considerare che stiamo parlando di un ragazzo che vanta 72 gare alle spalle e che viene da un team di prima fascia come Red Bull. Dunque, una volta diventato sviluppatore della Ferrari, il pilota russo potrebbe dare alcune dritte interessanti al team di Maranello su vari aspetti inerenti le modalità di lavoro, i protocolli e qualche segreto su Milton Keynes, anche se naturalmente non ha mai visto personalmente i progetti della scuderia anglo-austriaca. Inoltre, portandolo tra le sue fila, gli uomini del “cavallino rampante” hanno evitato che qualche altra concorrente potesse decidere di “ravvedersi” sulle reali capacità del ragazzo, acquisendone le prestazioni e, soprattutto, il bagaglio di conoscenze che ora porterà in dote esclusivamente alle “rosse”. Infine (aspetto di non poco conto), quella legata a Kvyat è stata un’operazione a basso costo, poiché il driver si trovava ormai appiedato e fuori dal Circus, dunque non si è dovuta scatenare alcuna asta per convincerlo ad approdare a Maranello e, trattandosi di un pilota che ha comunque già un’esperienza in carriera in un top-team come Red Bull, non si tratta affatto di una scommessa per il futuro.
Insomma, dietro l’ingaggio di Daniil Kvyat si nasconde una precisa strategia da parte della Ferrari, e chissà che l’ex Toro Rosso, qualora dovesse ambientarsi bene in quel di Maranello (parla perfettamente la lingua italiana ed è molto legato all’Italia), non possa anche entrare in lizza per essere il giovane erede di Kimi Raikkonen di cui, qualche settimana fa, ha parlato Sergio Marchionne.
Patrizia Gallina